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Diaval, stria, pangiald e oss di mort …
Sono giorni di pensieri pesanti e forse per questo ancor di più avverto un istintivo richiamo verso le tradizioni, come se potessi trovare una specie di rifugio.
Quindi rilancio l’invito a condividere idee o ricette che facciano riferimento ad Halloween piuttosto che ad Ognissanti.
Dopo aver decisamente apprezzato la pumpkin pie, volevo provare a recuperare le ricette della Lomellina.
Ma a quanto pare siamo più predisposti per la tradizione orale senza poi darci la pena di trasferire per iscritto …
Risulta infatti una impresa rintracciare fonti che non siano la stessa frase rimbalzata più o meno a casaccio senza riscontro.
Di questo ha scritto molto bene Annalisa Alberici nel libro Cucina del Pavese della Lomellina e dell’Oltrepo
a pagina 13 c’è una importante domanda:
La cucina pavese esiste?
La risposta è lunga ed articolata, ma in breve:
Devo ammetterlo: nei secoli la cucina pavese non fu mai scritta. O lo fu per caso. |
A quanto pare la cucina pavese è proprio come il bel tacer … e appena ho letto questa frase non ho potuto far altro che sorridere ripensando al ricordo della frase che mi ripeteva mia nonna.
In realtà però ho trovato anche un altro libro che parla di Milano con riferimento al periodo dei Visconti, che quindi si può considerare esteso a Vigevano
A tavola la mestizia del giorno dei morti, con le sue tradizionali visite al camposanto, cede di fronte ai piatti della tradizione che impone la biella (marmitta) con la supa coi sisar (zuppa di ceci) arricchita dalle cotiche, e il pangiald o pane dei morti. Ora il pangiald si può comprare nelle panetterie o nelle pasticcerie, ma un tempo veniva cotto nel forno di casa.
È vero che la mia famiglia è contaminata, ma noi non abbiamo mai mangiato ceci … dunque rimane giusto il pangiald.
Ognissanti, pane … mi viene in mente questa frase:
I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia.
Ardengo Soffici
Qui piove sempre meno, la terra però è bagnata ugualmente: dalla nebbia.
Ecco, piuttosto che per la cucina, è sul lato scary che la Lomellina non ha nulla da invidiare, le nostre atmosfere si prestano tantissimo!
Infatti, al contrario delle ricette, le leggende non mancano.
Al diaval: il diavolo, per esempio, avrebbe scatenato tutta la sua furia sulla chiesa di Santa Maria a Lomello per impedire le seconde nozze tra la regina Teodolinda, cattolica, e Agilulfo invece ariano.
Tra le varie versioni che si tramandano, il sito ufficiale del comune ha pubblicato la più suggestiva.
Sulla stria: strega, come potrai immaginare, esistono molte storie e pare ci siano anche testimonianze dirette … ma si sa, questa parte è “l’anima” di questi racconti … perdona il gioco di parole.
Tra tutte io opterei per quella che ha dato il nome a il ramo delle streghe che in realtà è una meravigliosa diramazione del fiume Ticino
Si narra che il ramo delle streghe sia stato chiamato così per la sventura di una donna affetta da strani sintomi che in una notte di luna piena, nell’intento di purificarsi tra le acque con l’aiuto delle amiche, si ritrova a dover fronteggiare il diavolo e finisce trasformata in un alga gigante che trascina a fondo anche tutte le altre donne.
E delle alghe, che sono la caratteristica di quel tratto di fiume, si dice che ricordino i capelli delle streghe.
Qui c’è l’immagine che preferisco
E tu mi racconti una storia?
In cambio non mi limito al pangiald: non potevo non presentare anche il classico “dolcetto.”
Questi sono la versione più simile agli oss di mort che io ricordo di aver mangiato: piuttosto grandi, di forma ovale, e vagamente simili al panforte.
Ma se per la variante Keep Calm abbondassimo con il cioccolato sarebbe grave?
Bell’articolo, suggerimenti culinari, leggende e foto
Io ricordo ancora le ossa da mordere (ossa dei morti) della mia infanzia, che erano ben diverse dal pan dei morti che trovo ora
Vero?!
Infatti anche io ho trovato soltanto una versione simile a quelli che mi ricordavo ed è un vero peccato che molte preziose ricette vadano perdute.
GRAZIE Luisa!
Sono perfettamente d’accordo… e aggiungo che i dolcetti della mia infanzia, forse per via della lente del ricordo che magnifica molte sensazioni, mi sembravano superlativi se paragonati a quelli che compero oggi
Idem!! <3
Anche per me il ricordo di cose buone dell’infanzia conserva ancora il sapore di atmosfera, di calore, di momenti belli.
Ora è tutto più standardizzato, più industriale, più in serie, più insapore.
Bell’articolo, non ricordo come si chiamavano ma quando ero bambina c’erano dei dolci in questo periodo che io non mangiavo perché c’era l’anice.
Non so se ci sono ancora, quelli chiamati le ossa dei morti ci sono anche qui, altri non ne conosco.
Buona serata.
GRAZIE!!
Sai che l’anice non è mai piaciuto granché neanche a me!
A parte un po’ forse i ghiaccioli blu di millemila anni fa.
Un grande abbraccio Silvia!
Non è mai grave abbondare con il cioccolato 🙂 Quanto alle cucine locali, bisogna rifarsi ai prodotti locali. Una volta, e nemmeno tanto tempo fa, si mangiava tuti a km zero, semplicemente perchè non c’era modo di conservare nè di trasportare
Ecco. Paola <3 “non è mai grave abbondare con il cioccolato” sono parole che suonano dolcissime alle mie orecchie! In pratica è esattamente ciò che volevo sentire!
GRAZIE!!
Riguardo alla tua considerazione sulle ricette locali, credo che sia una precisa risposta sul perché non si trova granché di specifico in questa zona, che in effetti non ha molti prodotti tipicamente legati al territorio.
Mmh… 🤔 non ho ricordi su particolari cibarie locali dedicate a questi giorni, nella mia memoria ci sono solo luuunghe e interminabili visite a diversi cimiteri e altrettante tombe, spesso con messa inserita. Fortunatamente, invecchiare significa anche potersene infischiare di ricorrenze affascinanti da un punto di vista antropologico ma meno sul privato… Ammetto però una curiosità nel girare per cimiteri, soprattutto vecchi e di piccoli borghi.
Uh Lu!! <3
Sui cimiteri potremmo aprire un capitolo a parte, o forse addirittura un libro!
Anche a me è sempre piaciuto moltissimo visitare se ne avevo la possibilità!
Se ti dico che quando siamo andati a Parigi avevamo un albergo con finestra sul cimitero di Montmartre rendo l’idea? Indimenticabile!!
Ma, esattamente come te, ho abbandonato la tradizione della visita in questi giorni dell’anno … perché purtroppo molto spesso si trasforma in una passerella.
Preferisco di gran lunga andare al cimitero proprio nei momenti in cui è praticamente deserto e regna il silenzio.
Anche perché in quei giorni posso fare le mie ricerche socio-storiche-antropologiche 😆
Meraviglia il cimitero di Montmartre, beata te!
Meraviglia le tue ricerche!
Interessantissimo davvero! Complimenterrimi!!
Da noi in Sardegna soprattutto pane e dolci. I dolci di questi giorni sono i Papassinos, fatti con uva passa (da qui il nome) e la sapa.
Molto interessanti entrambi!
Papssinos è un nome simpaticissimo.
Sapa invece non riesco a immaginare come possa essere per cui sono doppiamente curiosa 🙂
GRAZIE Gabriella!