CAFÉ RACER

CAFÉ RACER

Café Racer: due parole che racchiudono un mondo.


Difficile dare una descrizione precisa, l’origine del termine però è certa e ci porta nell’Inghilterra a cavallo tra gli anni 50 e 60.

 

In particolare, il Caffè che ha dato il via a questa definizione è l’Ace Café costruito sulla North Circular Road di Londra per rivolgersi ad una clientela di viaggiatori.


Le caratteristiche catalizzatrici per i motociclisti sono state dunque la posizione, l’apertura non stop 24 ore su 24 e il fatto che i locali fossero il luogo dove ascoltare il rock and roll.

 

Mentre i giovani oltreoceano corrono lungo le strade della California come rappresentato nella ormai mitica Thunder Road di Grease, in Inghilterra i giovani devono accontentarsi di motociclette, che però elaborano tanto quanto “il fulmine alla brillantina” per sfidarsi in gare di velocità.

 

Sono i ragazzi della generazione The Ton: cioè i ragazzi che vogliono raggiungere le 100 miglia orarie, “andare a cento all’ora” come siamo più abituati a dire noi.

 

Per raggiungere The Ton e vincere le sfide, le moto vengono alleggerite per renderle più veloci.

 

Queste motociclette particolari, parcheggiate fuori dall’Ace Café diventano Café Racer’s motorbikes: le moto dei corridori del Caffè.

 

Da allora l’evoluzione è multiforme e spazia come il firmamento, tanto da non rientrare in nessuna definizione precisa.

Café Racer

 

Molte case motociclistiche producono modelli in versione espressamente Café Racer.

 

Hai avuto modo di visitare l’EICMA nei giorni scorsi?

 

Sono state presentate ad esempio:

Triumph Thruxton café racer per eccellenza final edition finiture dipinte a mano e dotazioni di massimo livello.

1100 Sport Pro Ducati Scrambler®, stile café racer nel segmento delle on-off retrò, elettronica all’avanguardia.

Continental GT 650 Royal Enfield atteggiamento dinamico e posizione di guida raccolta, tratti distintivi di una tradizionale cafè racer. 

 

E ancora
Honda CB1000R
BMW Nine T Racer
Moto Guzzi V7

 

vuoi continuare tu?

 

Sei biker?
Qual è la tua moto preferita?

 

Aspetto i tuoi racconti, intanto qui trovi un giro nei luoghi di cui mi piace spesso parlarti

 

Questa invece è la café racer secondo mio marito: La Bat

 

 

DIRTY COFFEE

DIRTY COFFEE

Dirty coffee letteralmente sarebbe “caffè sporco” ed in effetti il risultato che si ottiene dalla preparazione che sta impazzando è proprio una sporcatura.

 

Ma non è il caffè a sporcarsi, anzi: il caffè sporca il latte.

 

Ti ricordi della ricetta per il Dalgona Coffee

 

Anche in questo caso occorrono latte freddo e caffè, il latte deve essere molto freddo mentre il caffè deve essere molto caldo perché è proprio il contrasto tra le temperature a creato l’effetto dirty.

 

E anche in questo caso l’ispirazione ci arriva dall’oriente.

 

Si dichiara inventore del Dirty Coffee Katsuyuki Tanaka del Bear Pond Espresso ベアポンドエクスプレス di Tokyo.

Dirty Coffee

 

 

Giappone, dunque.

 

Inevitabile ripensare alla trilogia di Toshikazu Kawaguchi 川口俊和 e a Finché il caffè è caldo

 

In questo caso però Katsu porta con sé la sua parte di vita all’East Village di New York.
Katsu racconta come tutto è iniziato grazie ad un editorialista del New York Times

 

 

 

 

Come si ottiene la stratificazione?

 

Latte ghiacciato: deve essere preparato riempiendo un bicchiere trasparente con latte intero. La temperatura del latte deve essere molto bassa per creare questo contrasto termico con l’espresso.

Caffè: prepara un caffè espresso ristretto.

Versare con cura: versare il caffè sul latte freddo poco a poco e delicatamente. L’espresso si posizionerà sopra il latte, scendendo lentamente per creare un attraente effetto a strati.

Non mescolare: per un Dirty Coffee perfetto basta astenersi dal mescolare la bevanda.

 

 

Tu sei del tipo: scopro una nuova preparazione e avverto subito l’ispirazione di provarla?

 

Mi racconterai il tuo Dirty Coffee?

 

NIRVANA UNPLUGGED

NIRVANA UNPLUGGED

Nirvana unplugged in New York, spesso conosciuto come MTV unplugged per me è innanzitutto un momento altissimo della storia della musica.

Per la nostra primissima chiacchierata qui sul blog, ormai quasi cinque anni orsono, ti avevo parlato del cardigan che Kurt Cobain indossava durante la registrazione di questo live.

Nirvana unplugged

Poi nel tempo abbiamo parlato molto spesso di musica ma senza più tornare su quello che per me riveste davvero un ricordo tra i più importanti in assoluto.

Innanzitutto è il ricordo di una emozione: la prima volta che ho ascoltato Come as you are senza nemmeno arrivare alla fine ero convinta che non avrei mai più preferito un’altra canzone.

Come as you are è forse l’unico brano tra i più popolari dei Nirvana, eseguito anche durante l’unplugged, credo proprio per questa sua caratteristica intimità intensa.

Ma non c’è nessuna tra le canzoni eseguite durante l’MTV unplugged che non sia bellissima.

La cover di The man who sold the world a mio avviso batte persino il Duca Bianco.

Where did you sleep last night è struggente al punto da riuscire quasi a materializzare la sofferenza di Kurt.
E poi Dumb, About a girl, Pennyroyal tea … qual è la tua preferita?

Purtroppo pubblicato postumo Unplugged in New York ad ogni ascolto ci ricorda il dolore e la perdita di un Artista che oggi sarebbe nonno, perché la sua Frances Bean alla fine di settembre è diventata mamma di Ronin.

Molti racconti e aneddoti riguardo al 18 novembre 1993 si rincorrono un po’ ovunque ma ciò che tutti possiamo ancora continuare a vedere è Kurt che arriva, e dopo un semplice “Good evening” introduce About a girl attaccando il suo giro di chitarra.

Il resto è magia, atmosfera, fiori bianchi, candele, drappi e luci soffuse, come metaforiche braccia che ci accolgono in una immersione di musica e sensazioni, semplicità e profondità allo stesso tempo, dove tutto il resto è sfrondato, tutto il mondo è fuori, dove conta solo la leggerezza di un soffio lieve destinato a svanire ma che in realtà non può che rimanere scolpito nella memoria per sempre.

Vulnerabilità estrema eppure potenza dirompente.

Nirvana Unplugged è uno dei regali a cui tengo moltissimo, oggi compie 30 anni eppure non mi stanco mai di riascoltarlo.

Lo conservo insieme a Kurt Cobain Diari

 

 

Nirvana unplugged

e a Montage of Heck che comunque ho visto prima al cinema.

Nirvana unplugged

 

 

Nella remota ipotesi che ti sia persa/o qualcosa ti consiglio di recuperare: io trovo indispensabile comprendere il profondo tormento di un’Anima divisa tra l’amore per la musica e il dolore per la vita.

I wish I was like you
Easily amused
Find my nest of salt
Everything is my fault

I’ll take all the blame
Aqua seafoam shame

TRIESTESPRESSO EXPO

TRIESTESPRESSO EXPO

Triestespresso Expo giunta alla undicesima edizione, si sta svolgendo in questi giorni: 24 – 25 e 26 ottobre all’insegna di Where the world meets in a cup – Dove il mondo si incontra in una tazza.

 

 

È il mondo del caffè ma non solo, è molto molto altro.

 

 

Ho contattato la presidente di Associazione Caffè Trieste due settimane fa, a proposito dell’ipotesi di aumento di prezzo dell’espresso al bar e nell’ambito della nostra chiacchierata abbiamo parlato anche della manifestazione.

 

 

Arianna Mingardi 

mi ha illustrato l’intento di esaltare le miscele, promuovere la ricerca, diffondere la qualità, facendo un paragone efficace e immediato: il vino.

 

 

Nessuno discute il prezzo del vino perché è chiaro a tutti il valore del lavoro che attraversa tutte le fasi per arrivare al prodotto.

 

 

Il vino ha diversificazioni ben marcate e contraddistinte, connotate al territorio e anche alla tradizione.

 

 

Anche per il caffè sarà così?

 

 

Lontano da Trieste pare che la tendenza sia proprio questa: nell’ambito del confronto che si è originato dall’interessante scambio di commenti in particolare Valy di MyPersonalBlog ci ha segnalato vari punti come ad esempio Aprilia Due o la Stazione Termini di Roma che propongono caffè speciali.

 

 

Anche tu hai occasione di bere caffè particolari nei bar della tua zona?

 

 

Sicuramente ci saranno degustazioni e iniziative in questo senso a Triestespresso Expo.

 

 

Per oggi sono previsti:

World Latte Art Grading Battle Championship (WLAGS):
presso Area workshop ed eventi, padiglione 27 dalle 10:00 alle 17:00
Baristi da tutto il mondo metteranno in mostra la loro creatività e le loro capacità tecniche, gareggiando per creare disegni intricati e artistici nella schiuma del caffè.

 

 

Moka Contest:
presso Padiglione 27 dalle 15:00 alle 17:00
Gli amanti del caffè si sfideranno in una gara utilizzando l’iconica moka per preparare la loro migliore tazza di caffè, con i partecipanti giudicati in base al sapore e alla tecnica.

 

 

Molto divertente, non trovi?

 

 

Ieri invece c’è stato il Campionato Capo in B

 

 

Ti ricordi vero? Ti avevo già raccontato del Capo in B

 

 

La seconda giornata di Triestespresso Expo ha ospitato anche un workshop speciale dedicato alla Turchia che è stata scelta come paese ospite per il 2024: “Opportunità dal mondo: il mercato del caffè in Turchia – Situazione attuale e sviluppo.”

 

 

Quindi un’impronta decisamente internazionale per intessere nuove opportunità per un territorio fortemente contraddistinto e profondamente improntato su tutta la filiera del caffè.

 

 

Andrai a Trieste?

 

RACCONTAMI UNA STORIA

RACCONTAMI UNA STORIA

Raccontami una storia è l’iniziativa a cura di Maria Guidi, La tana di Aloiz e Sandra Giannetto

 

Raccontami una storia è un gioco che consiste nello scrivere un racconto seguendo alcune indicazioni e un tema.

 

Il tema della seconda edizione: “trarre ispirazione da un quadro!”

 

Ti suggerisco di seguire le organizzatrici per scoprire le interviste ai tre vincitori.

 

Se poi ne hai voglia, puoi leggere il mio racconto

Anche questa mattina osservo il sole sorgere oltre lo scheletro del palazzo di fronte: da quando il tenue rosa aranciato ha iniziato a contrastare il grigio illuminando cielo e speranza, non voglio perdermi i colori perché sono la prova che non è ancora finita.

Pensavo che non li avrei più visti, pensavo che la mia punizione per non essere ancora esplosa fosse quella di diventare parte inutile di un unico plumbeo tetro inesorabile scenario.

Mi pento di non essere stata capace di contare con precisione i giorni, di aver ceduto alla confusione, di non essermi presa cura nemmeno della mia memoria.
Se lo avessi fatto, ora potrei sapere quanto tempo è passato.

Ma io non volevo più pensare, volevo solo che tutto finisse. Ogni nuovo giorno era soltanto un altro pasto saltato, un altro interminabile buio disseminato di angoscia, un altra serie di sfinenti quanto fallimentari sforzi alla ricerca di una soluzione impossibile.

Invece la luce ha ricominciato a scandire il tempo e ormai ci credo, non è solo un sogno, né un caso, e neppure la mia illusione: il sole esiste ancora.

Resta un nemico in agguato però: la paura.

Non sono stata colpita, non sono stata schiacciata, non sono stata asfissiata, e sono anche riuscita a nascondermi dalle incursioni degli sciacalli umani, ma ancora non riesco a liberarmi dalla morsa che pressa il cervello e mi paralizza.

Mi ripeto che non ha senso.
Poi rivivo tutto.

La gigantesca palla che incendia il cielo e che di colpo rimbalza verso l’alto, e subito l’onda d’urto.
Un macabro domino accelerato che frantuma ogni cosa.
Senza che i miei occhi avessero tempo di vedere, il calore mi era già addosso.

Il dolore non è cibo.

Ma devo mangiarne ancora, se occorre per trovare del nutrimento vero.
E poi Frances è allo stremo delle forze e io voglio fare tutto il possibile, proprio come ha fatto lei dal momento in cui mi ha trascinata di peso nella cisterna, fino a quando mi ha insegnato come calarmi nel cunicolo per arrivare al magazzino.

Teneva la corda e cantava gli U2 per farmi coraggio
You’r in the mud
In the maze of her imagination
You love this town
Even if that doesn’t ring true

La prima volta volevo che smettesse ma non osavo urlarlo per il terrore che qualcuno dei predoni che piombano addosso come Unni mi sentisse. Eppure se non ci fossero state quelle parole cantate “sky falls, you feel like … it’s a beautiful day …” non sarei riuscita a trovare abbastanza forza per risalire.

Più cose riuscivo a portare, più a lungo avrei potuto riposare di nuovo nascosta.

E pensare che nelle varie occasioni in cui ci avevo più o meno provato, non ero mai riuscita ad arrampicarmi lungo una fune: le mani bruciavano entro qualche minuto e gli inesistenti muscoli delle braccia nemmeno facevano la finta di contrarsi.

Sopravvivenza.
Una immane sfida da superare per restare vivi, anche quando restare vivi sembra la peggiore delle idee.
Adrenalina, istinto, terrore, si miscelano in un circolo chiuso di pulsazioni che rimbalzano tra cuore e cervello a velocità incontrollabile.

Sopravvivenza.
Forza che diventa carne divisa tra due teste: speranza e disperazione. Come un Cerbero le cui zampe poggiano sul respiro con tutto il loro angosciante peso.

Sopravvivenza.
Pensare che non potrà mai esserci niente di peggiore finché l’esistenza non si trasforma in attesa.

Attesa di tregua, attesa di cibo, attesa di pietà. Attesa di un miracolo, di aiuto, di un nuovo giorno.

Come oggi.

 

Il dipinto è Light and Colour (Goethe’s Theory) di William Turner.

 

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