WAKE UP AND SMELL THE COFFEE

WAKE UP AND SMELL THE COFFEE

 

 

Wake up and smell the coffee.

No need to argue: chiunque conosce ZOMBIE dei Cranberries.

Io non riesco a definirla semplicemente una canzone, per me è storia.
Recentemente ha superato il miliardo di visualizzazioni su YouTube e ammetto che un tot sono mie.
Un successo meritato, che chiude il cerchio della precedente proclamazione a canzone dell’anno agli MTV Awards 1995.
Zombie è stato girato da Samuel Bayer, che ha realizzato anche il video di Smells like teen Spirit per intenderci, ma, tralasciando l’indubbia qualità, io mi soffermerei sul messaggio e sulla voce di Dolores O’Riordan.
Purtroppo ormai la prima cosa che viene citata ovunque su di lei sono le circostanze della morte, io invece vorrei parlare della vita.
Non della sua biografia in dettaglio, ma dettagliatamente sottolineerei come lei abbia scritto questo brano di getto, dopo aver appreso della tragica morte di due ragazzini a causa di una bomba.
Nonostante l’episodio si collochi in Irlanda nel 1993, un preciso contesto tristemente noto, Dolores ha sempre evitato di politicizzare.
“Nella tua testa, nella tua testa” lo ripete Dolores, invoca, invita a pensare, sembrerebbe banale eppure troppo spesso non lo è.
Il suo è un grido per unire, per risvegliare.
“La violenza causa silenzio.”
Io trovo che Dolores sappia far parlare questo silenzio, sappia dar voce al dolore, sappia gridare non la rabbia, ma la forza di dire basta.
Zombie è contro la violenza, contro l’incapacità di fermare la violenza.
Questa canzone è il nostro grido contro la disumanità dell’uomo per l’uomo; e la disumanità dell’uomo al bambino.”
Dolores O’Riordan

Non so tu ma per quanto mi riguarda il pensiero arriva forte e chiaro e si insedia in maniera viscerale.
Il suo “another mother’s breaking heart” diventa il mio.
La sua voce, il suo modo di cantare del tutto unico, costituiscono il punto focale: un catalizzatore, che permette al messaggio di comunicare tutta la sua dirompente disperazione.
“Zombie è stata ispirata dalla morte di un bambino. La vita gli è stata presa dalle braccia di sua madre, che stava facendo shopping in un giorno normale a Londra. Qualcuno aveva infilato una bomba in un cestino di rifiuti e il bimbo si è trovato al posto sbagliato al momento sbagliato, ed è morto. La ragione per cui era stata messa la bomba aveva a che fare con quel tipo di rivendicazioni politiche e territoriali che si succedono in Irlanda e in Inghilterra. L’allusione alla data del 1916 serve a ricordare che in quell’anno fu firmato un accordo che sanciva la cessione di sei contee irlandesi all’Inghilterra. Da allora non è cambiato niente: guerra, morte ed ingiustizia.
Dolores O’Riordan

Zombie che vedono e sentono il dolore, eppure non fanno nulla.
Zombie non da film horror eppure terribilmente più spaventosi: noi.

 

CAFFÈ DA TIFFANY

CAFFÈ DA TIFFANY

 

Caffè da Tiffany!
Inizialmente avevo in mente altro per il caffè di oggi, ma sinceramente ora avverto un fortissimo bisogno di leggerezza.
E chi più di Audrey può rappresentare la personificazione della lievità senza mai essere superficiale e senza nulla togliere alla serietà delle sfide che la vita pone?
Non mi riferisco soltanto ai suoi personaggi: anche il suo cammino personale è un grande esempio di forza, equilibrio, e tenacia in tutte le fasi che ha attraversato, in tutte le decisioni che ha preso, mantenendo e difendendo comunque la sua riservatezza.
Il suo stile è sottrazione, lei ci ha insegnato il valore dell’essenziale.
In questi giorni ogni cosa è urlata, ogni dichiarazione amplificata dalle gran casse della brama di arrivare primi. Non importa più se vero o falso, non importa cosa comporterà o quali reazioni provocherà, si pubblica, ovunque, e poi parta la conta dei consensi.
I danni invece non contano più.
Possibile che non ce la possiamo fare a mantenere una condotta civile?
Eleganza non è solo immagine, eleganza è anche modo di essere, comportamento, oltre che portamento.
E per me oggi eleganza è anche senso civico, e rispetto.
Tra i tanti aneddoti su Audrey Hepburn vorrei in particolare citare quello legato all’abito da sposa donato. Nel 1952 il matrimonio con Lord James Hanson viene annullato poco prima della data stabilita. L’abito per Audrey confezionato dalle sorelle Fontana è già pronto e naturalmente è stupendo. Un vero peccato. Audrey allora dispone che venga donato “alla più bella, povera, ragazza italiana che le sorelle Fontana riusciranno a trovare”.
Al di là del fatto che fa molto fiaba, il concetto è: se io non posso avere o non posso più fare una cosa, non significa che debba precluderla anche agli altri.
Ecco, questa è la riflessione che vorrei lasciare oggi.
E poi:
ricordati, se mai dovessi aver bisogno di una mano che ti aiuti, che ne troverai una alla fine del tuo braccio… Nel diventare più maturo scoprirai che hai due mani. Una per aiutare te stesso, l’altra per aiutare gli altri.”
Audrey Hepburn

 

ANNA POLITKVOSKAJA

ANNA POLITKVOSKAJA

Il caffè sospeso consiste in un piccolo gesto a beneficio di uno sconosciuto.
Qui pensavo di estrapolare l’idea trasformandolo in una dedica.
E il primo caffè sospeso è per Anna Politkvoskaja.
I motivi sono davvero tanti e in questi giorni in cui ci ritroviamo a fare parecchie riflessioni, la mancanza di un certo tipo di Giornalismo con la G maiuscola pulsa e si avverte ancor più spiccatamente.
Il primo ricordo che ho di lei è legato alla tragedia del 2004 alla scuola in Ossezia: Beslan.
Un nome che è diventato sinonimo di orrore puro.
Della storia del tè si è detto parecchio, ma siccome qui si parla di caffè passiamo pure oltre. Lei era intenzionata ad andare sul posto a tentare di negoziare, come aveva già fatto con coraggio per gli ostaggi del teatro Dubrovka. Successivamente è rimasta a fianco dei parenti delle vittime, consigliando loro di rivolgersi alla corte dei diritti umani di Strasburgo e dando un contributo importante nella lotta per avere giustizia.
Anna è nata a New York, eppure si è battuta per denunciare le violenze dell’esercito russo in Cecenia, Daghestan e Inguscezia, scrivendo più di duecento articoli per la Novaja Gazeta senza mai farsi intimorire dalle minacce di morte ricevute. Minacce che si sono rivelate fondate in circostanze che trovo particolarmente terribili.
Ma ci ha lasciato l’esempio di ciò che significa scrivere per un giornale, di ciò che significa andare alla ricerca della verità, di ciò che significa non farsi manipolare.
E ogni volta che non andiamo a fondo nelle cose, ogni volta che accettiamo flussi di informazioni palesemente pilotate, ogni volta che ci accontentiamo di non porre domande, è come se tradissimo anche lei.
Non è la sola, certo, ma da sola ha fatto tanto, finché ha potuto.
Emblematica una delle sue frasi: “l’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede.”
Quando ci accorgiamo che ciò non accade, cerchiamo di vedere da soli.

 

 

 

ONE WAY OR ANOTHER

ONE WAY OR ANOTHER

One way or another …

Inauguro questa rubrica con Debbie Harry, semplicemente perché questa foto mi piace particolarmente e spero che possa essere uno spunto per ispirare anche te.
Salterei i dettagli della sua vita più strettamente personali e parlerei direttamente dei mitici tempi del CBGB dopo l’incontro con Chris Stein e la formazione dei Blondie che hanno caratterizzato la scena a partire dal 1974 per un lungo periodo costellato di successi.
Cito senz’altro Call me anche per la collaborazione con Giorgio Moroder, diventata iconica colonna sonora e più in generale un pezzo che ad ogni ascolto suscita un flashback emotivo: new wave, disco music, dance rock.
Debbie è rimasta con Chris per quindici anni durante i quali hanno combattuto insieme anche una grave malattia.
Uno stupendo Heart of glass, ma allo stesso tempo un cuore forte, questo su tutti è il primo pensiero che ho su di lei.
Una donna che a cinquantatre anni prosegue segnando la storia con un primo posto in classifica che entra nel Guinness.
Una donna che sa attraversare passato presente e futuro indistintamente, come il suo ritratto fatto da Andy Wharol con il computer Amiga 1000.
Una donna celebrata anche nella Rock and Roll Hall of Fame e che ha saputo diventare un simbolo con i suoi capelli arruffati e un look non calcolato ma incorniciato dalla sua grinta.
E la sua One way or another, volutamente rivestita di allegria come “meccanismo di sopravvivenza”, risuona tristemente attuale facendoci riflettere ancora una volta sul fatto che nel tempo, persistiamo a non fare tesoro delle esperienze e che non sappiamo imparare dagli errori, peggiorando.
Ma ripartiamo dal suo sorriso e dal suo intento di restituire leggerezza e prendiamo esempio, in un modo o nell’altro …

 

NICOLETTA DOSIO COME JANE FONDA

NICOLETTA DOSIO COME JANE FONDA

Nicoletta Dosio come Jane Fonda.

In questi ultimi mesi abbiamo imparato che:
Ogni venerdì, come sorge il sole, Jane Fonda si sveglia e sa che dovrà farsi arrestare.
Ogni venerdì, come sorge il sole, un poliziotto si sveglia e sa che dovrà arrestare Jane Fonda.
Ogni venerdì, come sorge il sole, non importa che tu sia Jane Fonda o un poliziotto, l’importante è che a 81 anni questa Donna ci insegni come non smettere di manifestare la propria opinione.
Il suo primo arresto, raffigurato nella tazza, risale agli anni 70 quando si batteva contro la guerra in Vietnam guadagnandosi il soprannome di Hanoi Jane.
Ma Jane Fonda si è battuta per altre cause come la guerra in Iraq, l’occupazione della Palestina e la Women March.
E lo ha fatto con il suo stile del tutto personale: scegliendo ogni volta un cappotto di colore diverso. Chiunque infatti ora associa il suo cappotto rosso ai recenti arresti per il suo supporto alla campagna che richiede alla amministrazione Trump di firmare il Green New Deal.
Ma quante altre Donne altrettanto coraggiose manifestano per ciò in cui credono senza che nessuno le noti?
Per conoscere la storia di Nicoletta Dosio, infatti, abbiamo dovuto scoprire che si è fatta portare in carcere a 73 anni.
Lei di rosso ha i capelli, e lotta da 30 anni, ma nessuno si è mai curato di lei: era soltanto una tra gli attivisti della Val di Susa finché ha rifiutato le misure alternative al carcere.
Nicoletta Dosio dovrà scontare un anno per una protesta che risale al 2012 contro l’Alta Velocità e contro l’allora governo Monti.
Nicoletta Dosio è colpevole di aver alzato la sbarra del casello autostradale permettendo agli automobilisti di passare senza pedaggio, perché la polizia il giorno prima aveva malmenato e prelevato le persone a forza dopo averle attaccate con una pioggia di lacrimogeni nei boschi attorno a Bussoleno.
Nicoletta Dosio è “evasa” dagli arresti domiciliari e ha rifiutato attenuanti perché per ottenerle avrebbe dovuto riconoscere il disvalore della sua condotta.
Nicoletta Dosio ha applicato nel concreto il motto “Da ognuno secondo le proprie capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni” e ha dedicato la sua vita all’insegnamento di greco e latino ma anche alla causa No Tav per il suo territorio, per la sua comunità, con la sua comunità.
Nicoletta Dosio ci insegna “la consapevolezza che quello presente non è l’unico dei mondi possibili.”

AL BALLO IN BIANCO MA CON LE SCARPE ROSSE

AL BALLO IN BIANCO MA CON LE SCARPE ROSSE

 

Al ballo in bianco ma con le scarpe rosse.

Alla reggia di Venaria Reale si è svolto il tradizionale Gran ballo delle debuttanti con i cadetti della Accademia Navale di Livorno: un prestigioso evento di solidarietà e cultura.
Personalmente ogni volta che vedo le immagini di questi balli d’altri tempi penso immediatamente a Elizabeth Bennet, celeberrimo personaggio creato da Jane Austen, e mi piace ricordare come il suo personaggio rompesse gli schemi.
Tuttavia c’è senz’altro bisogno anche di leggerezza, e per una sera è bello vivere una favola.
Con il classico abito bianco da principesse, però, le debuttanti hanno deciso di indossare scarpe rosse ispirandosi al progetto di arte pubblica di Elina Chauvet.
L’artista messicana le utilizzò per la prima volta in un’installazione davanti al consolato messicano di El Paso in Texas, in memoria delle centinaia di donne uccise.
Queste scarpe si sono trasformate in una marcia silenziosa di donne assenti. Una marcia doverosa. Una marcia che speriamo si possa fermare prima possibile.

 

 

 

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