La fitta nebbia bagna i capelli grigi di Eugenia, a quanto pare quest’anno non sarà un Natale Bianco. Ormai siamo agli sgoccioli e l’anti-vigilia sta cercando di aprirsi un varco nel buio di queste corte giornate invernali.
Incurante di qualsiasi condizione atmosferica, Eugenia come ogni mattina si affanna a pulire il vialetto, non ce n’è alcun bisogno in realtà: l’unico risultato pratico è inzuppare le setole della scopa, ma lei non riesce a fare a meno di seguire il rituale giornaliero, come se volesse dimostrare al mondo che non è certo una che sta con le mani in mano.
Istintivamente alza lo sguardo verso il campanile: sono già le sette e cinque ormai e Rosa non è ancora uscita per la spesa, molto strano, pensa.
Pochi secondi dopo il rumore della pesante porta di legno cancella il sospetto: “buongiorno Eugenia!” Rosa abita nella casa di fronte da quando è nata. Viveva sola, come lei, fino al giorno in cui è impazzita: solo una matta poteva acconsentire ad affittare il piano superiore a quelli.
“Buongiorno Rosa, tutto bene?”
“Bene, bene grazie, tu come stai? Oggi il freddo si fa sentire!”
“Stanotte ho visto la luce accesa sopra da te, non ti hanno lasciata dormire eh!?”
“Ho dormito benissimo. Io non ho sentito nulla.”
“Sei in ritardo, ho pensato fosse per … quella ragazzina non si vede mai per tutto il giorno, poi la notte cosa rimane alzata a …”
“Vado a fare la spesa Eugenia, ti occorre qualcosa?” la interrompe seccata Rosa.
“No, a posto, grazie, io lo dico per te, mi preoccupo, ti ho già avvisata, la gente parla, non vorrei che ti accadesse qualcosa di male.”
“Non mi accadrà nulla, credimi, non c’è niente di strano: se avessi perso la mamma a quell’età probabilmente mi sarei chiusa in me stessa anch’io.”
“Sì ma il punto è proprio la morte della madre, lo sai che tante cose non tornano …”
“Ti saluto.” Rosa gira le spalle e a passo svelto si allontana da quel veleno.
Per lei è una gioia poter aiutare la famiglia Mori dopo che il resto del paese si è rifiutato di farlo, e poi lo spazio inutilizzato al piano superiore non faceva che ricordarle la sua solitudine.
In fondo non è stato poi così complicato creare un disimpegno che separasse gli ingressi, senza contare quanto fosse un peccato lasciare tutto quanto chiuso ad invecchiare staticamente insieme a lei.
Non c’era alcun motivo di negare alloggio a un padre con le sue due figlie, soprattutto dopo che la vita li ha colpiti così duramente.
L’immagine dei loro volti smarriti e stremati il giorno in cui si sono presentati alla sua porta è un amaro ricordo che riaffiora periodicamente.
Vedere Laura in particolare, con quel velo di tristezza sul volto, le aveva provocato una stretta al cuore. Lei e la sorella piccolina, chiusa in quei vestitini troppo stretti, non avevano pronunciato una singola parola mentre il padre le presentava cercando di spiegare che le dicerie della gente sono infondate: “a volte mi sembra un incubo, prima la malattia della mia Lucia e ora la cattiveria ingiustificata …” erano state le sue parole.
Rosa aveva tagliato corto nel tentativo di non dare alcuna importanza alle malelingue. Ma la situazione era effettivamente pesante, e aveva superato il limite dei semplici pettegolezzi.
Come accade in questi casi, non è chiaro quale sia stata l’origine, né chi sia stato il primo a muovere accuse così odiose: dopo la perdita del lavoro per poter stare accanto alla moglie durante il suo Calvario, e dopo l’incendio della loro casa, “iattura” è la sentenza circolata di bocca in bocca.
Colpevole senza diritto di appello: Laura, la prima figlia, sulla base della sua estraniazione dalla vita sociale.
A tal proposito il giorno della celebrazione delle esequie della signora Mori, Eugenia, piombando a battere sulla porta come se ci fosse un incendio in corso, per “avvisarla” aveva preso a farneticare affannandosi nel dire che la ragazza era stata vista aggirarsi sempre e solo di notte, oltre a una serie di assurdità fluite in uno sproloquio infarcito di ottusi pregiudizi.
“Ma ti sei accorta che hanno rotto tutti i tuoi abitini? La hai vista la figlia piccola? Mancano pezzi un po’ qua e un po’ là, e poi qualcuno ha tentato di rammendare in una maniera a dir poco pietosa … sarà stata senz’altro la sorella, qualcuno dovrebbe intervenire!” Eugenia, come un piantone nella garitta, ha atteso davanti al cancellino il ritorno di Rosa per passare al secondo round.
“Sono vestiti molto vecchi, è normale che la stoffa ceda e si rompa, piuttosto, visto che sei una sarta, potresti sistemarli meglio tu, se credi.”
“Sono una sarta, non una maga, se tu vuoi essere cieca peggio per te” sbotta Eugenia allontanandosi a passi marcati per sottolineare la sua rabbia.
Mentre Rosa spera che questo furore la terrà lontana per qualche giorno, non può non convenire che in questo caso però Eugenia ha ragione.
La prima volta Rosa non ha dato peso all’evidente danno, ritenendolo semplicemente un normale incidente per una bambina di quell’età che gioca e si muove liberamente.
Era stata così entusiasta nel tirare fuori i vecchi abiti di sua nipote dal baule che li aveva custoditi per tutti quegli anni, felice di constatare di non aver sbagliato nel valutarli esattamente della misura giusta per la piccola Carlotta.
Vederla mentre li indossava sfilando davanti allo specchio era stato un divertimento, e dopo aver giocato entrambe alternando gli abbinamenti, li avevano riposti nell’armadio della cameretta che fino a quel momento era rimasto praticamente vuoto.
“Davvero li possiamo usare?” aveva chiesto Laura con tono apprensivo.
“Certo! Per me è una gioia!”
Al terzo abito danneggiato però il tuffo al cuore era stato inevitabile.
Un dono è un dono, non si può pretendere che chi lo riceve ne abbia una cura maniacale, ma certo tutti quei rammendi trasformavano il suo intento di migliorare le condizioni della bambina in un clamoroso fallimento.
Nonostante ciò, Rosa ad ogni occasione non aveva masi smesso di sorridere e di fare complimenti come se nulla fosse, accorgendosi che, così facendo, il broncio su quel visino rabbuiato veniva piano piano attenuato da fugaci espressioni di sollievo.
L’imbarazzo di quegli occhioni puntati verso il basso, le punte dei piedi costantemente ruotate verso l’interno con movimenti frenetici quanto involontari, risultavano segni evidenti del rammarico di Carlotta.
Quella soggezione non poteva essere sinonimo di colpevolezza, e Rosa era più che certa che nemmeno le stranezze di Laura, o il sordo trambusto notturno fossero indicativi di alcunché. Ascoltava i rumori sdraiata nel suo letto percependo una fallimentare cautela nel provare a contenerli.
Sentire segni di vita intorno, invece del solito agghiacciante silenzio, la aiutava a sprofondare in un sonno prolungato come non accadeva da molto tempo.
Il motivo di quegli strappi non era affar suo e forse un giorno avrebbe avuto modo di capirlo, certo bisognava prima instaurare un rapporto di fiducia, e per quello occorreva tempo.
Aumentare la dose di biscotti preparati con le formine natalizie, e lasciarli a portata di mano al centro di un piatto rosso posto strategicamente sul tavolo di ingresso, era indubbiamente un buon modo di iniziare a comunicare.
Un silenzioso, dolce, modo di comunicare.
Anche riprendere in mano i ferri da maglia le aveva riportato una piacevole sensazione di calore, come se la lana potesse riscaldare persino il suo cuore solitario.
Forse indumenti nuovi e più attuali avrebbero potuto rimediare agli indecorosi rammendi, valeva la pena tentare.
Ventitré rintocchi dal campanile avvisano che si è ormai fatto tardi, Rosa una volta rincasata non ha fatto altro che sferruzzare per terminare tutti i suoi lavori: vuole impacchettarli e farli trovare sull’ingresso dei suoi inquilini insieme a un bicchiere di latte mezzo vuoto e a qualche biscotto spezzettato, come prova della visita di Babbo Natale l’indomani.
Le mani esperte stanno compiendo una sorta di danza con il filo rosso che a ogni giro rimane arrotolato intorno a un cartoncino per comporre l’ultimo pon pon necessario, quando una serie di rumori provenienti dalle scale interrompono quei movimenti rapidi e decisi.
Forse a Laura occorre qualcosa, meglio andare a vedere, nonostante questo pensiero una certa esitazione trattiene Rosa: e se fosse una questione privata? Se avessero bisogno mi chiamerebbero.
Rosa non vuole fare l’impicciona come Eugenia, d’altra parte però non si ricorda di aver sentito rincasare il signor Mori.
Dopo attimi di indecisione, durante i quali sente parlottare, Rosa apre lentamente la porta un po’ in imbarazzo per l’invadenza che sta per dimostrare. Frattanto è tornato a regnare il silenzio, Rosa nel buio intravede una grossa sagoma e per un attimo rimane immobile, poi preme sull’interruttore della luce e ciò che si trova davanti è una magnifica sorpresa.
Foto: https://www.decorationlove.com/40-fabric-christmas-tree-decorations-ideas
Ai piedi dell’albero patchwork cucito con pezzi di stoffa, tra i quali ne riconosce immediatamente alcuni, c’è una lettera scritta con calligrafia molto curata
Cara signora Rosa,
vorremmo ringraziarla per averci permesso di passare il Natale in una casa vera e per questo motivo lei merita un regalo speciale.
Nostra madre ci preparava sempre un albero fatto con oggetti che raccoglieva ogni volta che le veniva una idea.
Nell’ultimo anno aveva trovato alcune stoffe verdi che avrebbe voluto cucire, ma non ha potuto.
Noi stavamo provando a continuare finché tutto è andato distrutto nell’incendio.
All’inizio pensavamo che non avremmo mai più festeggiato ma poi abbiamo capito che mamma sarebbe stata triste.
Non ci siamo dimenticati ciò che ci ha insegnato.
Questo albero è fatto con quello che abbiamo trovato, non è tutto verde e ci perdoni anche se abbiamo tolto dei pezzi dai suoi vestiti, li abbiamo presi solo dopo aver deciso di regalarlo a lei signora Rosa.
Speriamo che le ricordi momenti belli.
Buon Natale
Laura Carlotta e papà
P.S.:
Xeroderma pigmentoso, si chiama così la patologia di mia figlia, per questo motivo non deve esporsi ai raggi del sole.
So che non ha chiesto spiegazioni, ma è giusto che lo sappia.
Alfredo Mori
* * *
E a questo punto dovrei scrivere una lettera anche io per chi ancora non mi conosce, semplicemente: mi chiamo Claudia e sono un casino ambulante.
Non ho nessun curriculum utile perché ho sempre svolto un lavoro completamente diverso, ma AMO leggere e AMO scrivere, fin dai tempi dei diari della Holly Hobby. Poi pian piano le pagine hanno preso il volo, letteralmente, e sono diventate lettere che ho spedito davvero in tutte il mondo e in tutte le lingue che ho sempre cercato di imparare. Finchè le parole hanno iniziato a viaggiare via mail e su files di ogni tipo.
Se non fosse stato per mio marito non avrei mai avuto il coraggio di provare a scrivere qualcosa che non fosse solo per me.
L’idea del nome per il blog è venuta proprio mentre scherzavo con lui: io sono una ansiosa cronica senza speranza, ecco perché Keep Calm, e il caffè è il momento di relax così come di carica, di distensione ma anche di socializzazione, che tutti più o meno possiamo rubare nell’arco della giornata.
Dunque se vorrai prenderti qualche caffè qui considerati benvenuta/o!!
L’idea è di parlare di qualsiasi cosa: libri, musica, cinema, moda, ambiente … sentiti pure libera/o di proporre! Il caffè è sempre pronto!
GRAZIE.
Del “libro” non dico nemmeno perché libro per me è una parola troppo grossa … ma se qualcuno avesse il coraggio di addentarsi in una mente contorta … ci sarebbe La “mia” formula di Erone.
Domani scopriremo cosa ci regalerà Alice Jane Raynor.
E questo è l’elenco dei link di tutti i partecipanti.
Multidimensional Art
Il blog di Tony
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Paola Pioletti
Elena e Laura: due sorelle e una stanza di libri
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Lividi e musica: la buona musica fa male
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