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Gaia deriva dalla mitologia greca e rappresenta la dea madre di tutti gli dei, personificazione della terra, ma in questo caso diventa il motore dell’innovazione digitale in Europa.
Nel settembre 2020, 22 aziende e organizzazioni (11 dalla Germania e 11 dalla Francia) hanno compiuto un importante traguardo e trasferito il progetto comune in strutture solide: firmando gli atti notarili di fondazione al fine di costituire un’associazione internazionale senza scopo di lucro, dal francese “association internationale sans but lucratif”: AISBL, di diritto belga, la GAIA-X, European Association for Data and Cloud.
Dalla lettura di queste parole la prima cosa che emerge, per me, è l’assenza …
Ma a novembre anche il nostro Ministero ha partecipato al summit e il 28 maggio Confindustria ha dato il kick off all’hub italiano definendolo come il momento di avvio di un percorso condiviso, volto ad aggregare e coordinare tutti i soggetti interessati allo sviluppo di progetti che mirano alla valorizzazione dei dati, e l’occasione per conoscere il progetto europeo e le modalità di realizzazione in Italia.
Di cosa stiamo parlando esattamente?
Gaia X è un’infrastruttura dati federata per l’Europa.
Si parla di:
Energia
Salute
Vita intelligente
Industria 4.0
Portabilità
Interoperabilità
Interconnettività
Identità e fiducia
Catalogo federato
Scambio di dati sovrani
Conformità
lo scopo è sviluppare requisiti comuni per un’infrastruttura di dati europea che collega le varie decentralizzazioni per trasformarle in un sistema omogeneo e di facile utilizzo.
In effetti è evidente che la mole di dati a livello digitale lievita di giorno in giorno, non a caso si stanno affermando tutta una serie di nuove figure tra le quali mi affascina particolarmente il demiurgo dei big data.
Senza contare la parallela crescita di IoT: Internet of things che comporta un ulteriore aumento esponenziale dei dispositivi connessi.
Ma quanto può essere importante un Data Cloud europeo? Come vengono gestiti i dati adesso?
È evidente che si tratta di una situazione in divenire, e come accade in maniera fiscale per i colossi del web, forti di normative frammentarie, incomplete, se non inesistenti, le società che gestiscono le server farms agiscono in regime di pseudo monopolio pressoché indisturbato.
L’esigenza che viene sottolineata è raggiungere un’autonomia che permetta di non doversi più avvalere di strutture americane o cinesi.
Ho trovato ad esempio un data center di enormi dimensioni che la Cina ha costruito in una zona semidesertica della Mongolia, precedentemente dedicata all’allevamento dei famosi cavalli: Il Mongolian National Data Center, istituito con una risoluzione del governo emessa il 24 giugno 2009.
Oppure il Data Foundry in Texas fondato addirittura nel 1994 come uno dei primi 50 ISP negli Stati Uniti.
L’aspetto che a mio avviso non viene tenuto sufficientemente in conto è che “non è tutto green ciò che luccica” …
I server vanno raffreddati, e questa operazione, per quanto venga presentata come alla continua ricerca di innovazione, consuma grandi quantità di energia.
Google ci presenta il suo progetto di energia rinnovabile con tanto di galleria fotografica, pur ammettendo quanto segue:
il traguardo del 100% di energia rinnovabile significa che acquistiamo abbastanza energia rinnovabile nel corso di un anno da coprire l’intero consumo elettrico annuale, tuttavia non vuol dire che tutte le nostre strutture siano alimentate da energia pulita a ogni ora di ogni giorno. Per compensare tempi e luoghi in cui non soffia il vento o non splende il sole, acquistiamo un surplus di energia rinnovabile in altri momenti e altri luoghi. Il nostro obiettivo ultimo è raggiungere un approvvigionamento di energia a zero emissioni di CO2 per le nostre operazioni in tutte le sedi, in ogni momento. Stiamo esplorando attivamente strategie per raggiungere l’approvvigionamento di tutti i nostri data center con energia a zero emissioni di CO2 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, monitorando accuratamente i nostri progressi verso la realizzazione di questo obiettivo.
Concludo con la cosa che mi spaventa maggiormente: più andiamo avanti, più le principali operazioni che svolgiamo, dai movimenti bancari ai certificati pubblici, dalle dichiarazioni fiscali, alle sottoscrizione dei contratti, dipendono da applicazioni e da accessi telematici, senza dei quali saremmo praticamente paralizzati.
Non so tu, ma io non sono tranquilla. Sbaglio?
Per niente tranquilla, né dal punto di vista della sicurezza, né da quello ambientale. Ad ogni modo è difficile tornare indietro a questo punto. L’unica è che si verifichi uno di quei casi descritti nei libri distopici, ma non voglio nemmeno pensarci!
Già, hai solo ragione. Indubbiamente indietro non si torna.
Sai che mi fai ripensare a vari racconti distopici con una luce diversa?
GRAZIE!
Data has always fascinated me. It is, in essence, knowledge. I hunger for knowledge yet am capable of only absorbing a few small bits of it. Gaia X is a beautiful and slightly sad name for this intention.
Your thoughts also on what we would do without the servers that constantly keep our digital lives well-oiled are indeed something to pause and wonder over. I believe we would continue but with much tears and strife . . .
Dear Jaya, I agree with you: slightly sad name for this intention …
You are right: data is knowledge, but they must be used for good.
I am scared about the tears and strife you predict, since I think the same.
Embrace!
speriamo che in qualche modo si trovi la giusta via per condividere le nostre conoscenze e andare incontro alla sostenibilità ambientale. Buonanotte mia cara 🙂
Hai ragione, il buon senso indica sempre la via verso l’equilibrio.
Speriamo davvero!
Grazie!!
Sono molto turbata da questi processi. Spero di sbagliarmi, ma non credo che porteranno a qualcosa di buono. Starò invecchiando?
Laura sai che a volte mi faccio la stessa domanda?
Anzi, io la uso piuttosto come premessa e dico “starò invecchiando ma …”
Non so dire se davvero il pessimismo cresca in maniera proporzionale con l’età, può essere, ma io voglio ancora considerarla piuttosto disillusione: ne abbiamo viste di cose … non possiamo ignorarle anche perché a quanto pare la storia non insegna … purtroppo.
Interessante… e un po’ inquietante
Già … sicuramente positivo per molti versi. Poi però c’è il rovescio della medaglia …