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Gentrificazione ormai lo sappiamo, è il termine coniato per definire la riqualificazione urbana che comporta però un cambiamento nel tessuto sociale originario.
Gentry era la piccola nobiltà di campagna, ai tempi odierni potremmo estendere il concetto a chi risponde alla descrizione di borghese? Ricco? Fortunato?
In sintesi le aree urbane “gentrificate” sono quartieri riconvertiti in zone accessibili solo a chi ha poteri di acquisto tali da sostenere un tenore di vita molto elevato.
Tu lo trovi un fenomeno positivo o negativo?
A me torna in mente la teoria delle finestre rotte.
Avevamo già chiacchierato a proposito di Philip Zimbardo sull’effetto Lucifero.
Ulteriore esperimento, sempre all’Università di Stanford 1969: in origine su due autovetture assolutamente identiche, una abbandonata a Palo Alto, rimasta al suo posto integra, a differenza di quella abbandonata nel Bronx.
La rottura dello stallo coincide con la rottura di un finestrino della vettura a Palo Alto, preludio di saccheggio in linea con l’auto nel Bronx.
Come dire che qualcosa che appare già danneggiato presuppone che non se ne abbia considerazione.
Idea poi ripresa da Rudolph Giuliani per la città di New York a partire dalla metropolitana.
Possiamo definire New York come l’emblema della gentrificazione?
La tua città è gentrificata?
Vigevano no, anzi, mi occorrerebbe una parola per indicare l’esatto contrario.
Degrado?
In effetti una parte del centro storico anziché riqualificata progressivamente si “squalifica.”
Più volte ti ho raccontato della nostra provincia, Max Pezzali ai tempi delle lire la aveva descritta in quattro parole: due discoteche, centosei farmacie.
Ecco le centosei farmacie ci sono ancora, le discoteche no.
E non c’è nessuna alternativa.
Niente di niente per i ragazzi, che si ritrovano abbandonati a loro stessi, ma in costante compagnia del rischio di essere aggrediti e rapinati da branchi di coetanei ben noti alle forze dell’ordine.
In compenso abbiamo un numero di supermercati che si candida ad essere tendente all’infinito, dal momento che continua a crescere.
Ormai siamo a livello di raccolta figurine, sono diventati tanti anche quelli “doppi.”
La certezza è che da ognuno si uscirà con qualche tipo di insoddisfazione, oltre all’enorme nostalgia per quel commercio ormai estinto.
Invento io la definizione: supermercatificazione.
Sarà vero che dobbiamo pur mangiare, ma ormai è diventato impellente anche il bisogno di nutrimento di altro tipo: nutrimento culturale, nutrimento sociale, e la fame di sentirsi liberi di non avere paura.
Gentrificazione o supermercatificazione?
Ma non potevamo semplicemente progredire?
Ravenna è una città strana, dove ci sarebbe tanta arte da vedere e da pubblicizzare per attirare turismo, e invece si fa di tutto per allontanarlo.
Quando siamo stati in lizza come capitale della cultura (abbiamo perso con Matera), al comitato che è venuto a visitare la città per decidere, hanno mostrato il porto e tutta la zona circostante, che era stata riqualificata di recente: locali, pub, pizzerie. E i mosaici? La tomba di Dante? Il mausoleo di Galla Placidia? Roba vecchia, non era interessante.
Ha vinto Matera, con i suoi Sassi. In generale qui il centro è abbandonato a se stesso, chiuso al traffico,per cui il commercio sta morendo. In compenso abbiamo anche noi supermercati e centri commerciali in quantità.
Sai che non sono mai stata a Ravenna?
La mia misera conoscenza mi porta ad associare Ravenna ai mosaici.
Che di sicuro non sono “roba vecchia” … che tristezza …
Ecco ti ringrazio poi di avere sottolineato un ulteriore aspetto: “chiuso al traffico.”
Altro concetto teoricamente giusto ma che va accompagnato da implementazione e adeguamento dei trasporti pubblici e da studi sulle alternative da offrire alla circolazione.
Altrimenti è come chiudere una vena: il sangue non può più affluire.
Anche in questo caso appare evidente come si intenda incanalare la gente verso questi centri commerciali con i loro parcheggi, tutti uguali tra di loro, omologati, senza identità, senza un senso specifico se non la rappresentazione della classica fotocopia di mille riassunti.
Una volta qua si usava il termine rapallizzazione . Rapallo è una nota cittadina della zona
Sono stata a Rapallo tipo millemila anni fa e credo sia rinomata per la “esclusività” sebbene non al pari di Portofino, per cui il concetto di rapallizzazione è ben chiaro.
Allegro ti ringrazio per averlo aggiunto!
La penso esattamente come te ma, purtroppo, lo vedo molto difficile. La situazione che descrivi c’è anche da me e da quanto vedo in TV ormai è generalizzata. Il fenomeno poi dei “maranza” e altre baby gang giovanili è sempre in espansione, il vero degrado è quello giovanile e sociale, il più preoccupante anche se per fortuna fanno clamore ma non sono la maggioranza. Se non si rivaluterà il concetto del rispetto, in primis nelle famiglie e tra gli adulti, andrà sempre peggio temo. Buon fine settimana Claudia.
Hai ragione Silvia: per fortuna le gang giovanili non rappresentano la maggioranza.
Sicuramente la colpa è nostra e non dei ragazzi, della nostra incapacità di preservare ciò che è veramente importante.
Stiamo distruggendo tutto.
Dici bene: va rivalutato il concetto di rispetto, vanno rivalutati i valori, va ribaltata la concezione di ricchezza, che non è accumulo di stramaledetto denaro.
Ti ringrazio davvero di cuore per le preziose osservazioni che aggiungi e auguro un buon fine settimana anche a te!
Cara Claudia, purtroppo è così un po’ dappertutto.
Hai ragione Nadia, è che fatico a rassegnarmi … temo di esser diventata come quegli anziani che parlano sempre dei “loro tempi” 🙂
No, è che ormai siamo rassegnati.
Nadia vorrei appellarmi alla “speranza di ribaltare la rassegnazione” rovesciando il pensiero di Camus:
“La speranza, al contrario di quello che si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.”
Purtroppo è un triste processo che sta prendendo sempre più piede … e la piccola cittadina della Brianza in cui abito io non ne è esente.
Triste processo.
GRAZIE Luisa, le tue parole come sempre descrivono perfettamente.
Vorrei sperare in qualche isola felice, in qualche luogo nel quale le amministrazioni e i cittadini abbiano ancora a cuore le vere cose importanti per una comunità.
Non sarebbe meraviglioso se qualcuno ti scrivesse che vive in una simile isola felice?
Eccome se lo sarebbe!! Ne sarei estremamente FELICE.
Io voglio credere che da qualche parte ci sia salvezza rispetto a questo impoverimento sociale e voglio aspettare confidando, anche contro le aspettative.
Lo voglio sperare anch’io! Con tutte le mie forze 💙
Buona domenica, cara Claudia
Cara Luisa <3
Ti abbraccio e auguro buona conclusione di domenica anche a te!
“Ma non potevamo semplicemente progredire?” è una domanda fantastica! E hai ragione: cosa preferire, gentrificazione (che poi, di solito, si riferisce a quartieri, dove schizzano subito i prezzi) o degrado? La gentrificazione forse non è rispettosa, ma se per evitarla bisogna abbandonare grandi aree urbane (che non vengono mica riqualificate!) non mi pare rispetto neanche questo
GRAZIE Francesca!
Già: entrambe le opzioni non sono auspicabili.
Possibile dover continuare a procedere pensando soltanto di “scegliere” il male minore?
Ingoiamo compromessi come fosse l’unico cibo ormai.
Prendersi cura del territorio in cui si è stretto un contratto sociale: questa dovrebbe essere la cifra in cui sviluppare ogni progetto urbanistico, ogni forma di assistenza pubblica (sanitaria e sociale) ed infine ogni forma di tassazione e conseguente equa distribuzione delle risorse.
Ma non è così, quasi mai.
Ed anche quando accade, avviene per un breve periodo, in genere coincidente con la durata del mandato di qualche amministratore pubblico illuminato, poi dopo di lui il buio.
Il buio in questo caso sta per glaciale o criminale insensibilità alle esigenze di molti e favore degli interessi di pochi, perché il commercio ed il profitto abbisognano per progredire di una politica al servizio del capitale e non del sociale, tanto che il processo da te giustamente evidenziato della gentrificazione porta con sé anche la creazione in ogni città occidentale (ivi comprese Corea del Sud e Giappone) di quartieri “artist chic”, dove l’arte (in tutto il suo percorso creativo e di distribuzione) diventa complice perché al servizio di una ghettizzazione delle classi meno abbienti che devono spesso abbandonare quartieri e strade in cui vengono pianificati agglomerati per borghesi agiati.
Non sto esagerando, perché è un processo sotto gli occhi tutti, tranne di chi non vuol vedere: attenzione, sia chiaro che la vera gentrificazione non consiste nella normale edificazione di case belle e case povere, ma nello spostamento pianificato di intere popolazioni da una zona all’altra, da un quartiere ad un altro, passando per la lottizzazione e la privatizzazione di zone e e parchi pubblici, nella progressiva riduzione ed impoverimento delle zone demaniali, nella costruzione di spiagge private e persino di isole o versanti di montagna privati.
Il concetto è sempre quello di alzare le mura degli “elysium” e di allargarne i confini, finché quelle mura, che all’inizio circondavano, come delle fortezze, solo le case delle tante “Beverly Hills” di ogni città, non diventino le mura di un ghetto, ovvero una barriera, un confine non più solo geografico ma sociologico e di classe.
Sta già avvenendo con le abitazioni ed avverrà ancora di più con la sanità e l’istruzione.
Il processo non è irreversibile ma ci vorrebbe una grande spinta per ribaltare la tendenza.
Vedremo.
Già: le amministrazioni … i mandati … i propositi … il mare di mezzo tra il dire e il fare … parole parole parole.
E poi il buio.
“L’oscurità risveglia il sonno.”
In effetti siamo tutti sedati in questo sonno indotto.
La tua descrizione di politica “al servizio del capitale e non del sociale” racchiude il fulcro intorno al quale sta ruotando il mondo.
Tu scrivi di mura degli elysium e io penso alla famosa frase:
“Se vi ritroverete soli, a cavalcare su verdi praterie col sole sulla faccia, non preoccupatevi troppo, perché sarete nei Campi Elisi, e sarete già morti!”
Questo era prima, ora a quanto pare i Campi Elisi sono per i vivi, e sono Campi Élite.
Ti ringrazio per aver aggiunto la prospettiva di quanto tutto questo non si limiterà a questioni abitative ma ingloberà progressivamente anche istruzione e sanità.
Inesorabilmente triste e oltremodo ingiusto.
Tu dici che non è irreversibile e io voglio davvero crederci.
Tu dici che ci vuole una grande spinta per ribaltare la tendenza e io voglio urlare “proviamoci!”
Restiamo umani.
GRAZIE Kasabake.
Grazie a te, dolce Claudia
Potevamo semplicemente progredire, sì, con spazio a librerie, luoghi di aggregazione (quello he una volta facevano, senza secondi fini, gli oratori), biblioteche e altro. Milano ha zone storicamente più “belle”, e costose, sebbene mi sembra che ormai il degrado e l’incuria si trovano ovunque, perchè dipendono molto anche da noi, come singoli soggetti. Vicino a casa mia si sono appena liberati gli spazi, grandi, di un’azienda. Cosa ci metteranno? Un museo o un supermercato?
Ecco Paola, la tua risposta alla mia domanda è semplicemente perfetta, quindi potevamo.
Hai ragione: gli oratori erano luoghi di aggregazione senza secondi fini.
Io incontravo lì i miei amici, giocavamo, chiacchieravamo, ridevamo.
Eppure qui a Vigevano spesso gli oratori sono chiusi, e i ragazzini che vorrebbero giocare semplicemente a palla, cosa che non è più possibile fare nei cortili magari, tante volte non hanno un posto dove andare.
In generale i ragazzi non hanno un posto dove andare, pensa che a Vigevano non esiste più nemmeno un cinema.
Il ritrovo naturale era sempre stato Piazza Ducale ma ultimamente sono accaduti episodi di aggressioni. Io mi domando perché bisogna sempre aspettare che accada il peggio prima di pensare di fare qualcosa, è assurdo.
Hai assolutamente ragione anche quando dici che alcuni aspetti dipendono da noi.
Ma forse anche il noi inteso come comunità è in via di estinzione.
Mi auguro di vero cuore che gli spazi appena liberati vicino a casa tua possano essere riutilizzati in maniera intelligente.
Ormai è così dappertutto, anche se – almeno nelle mie zone – non ci sono ancora quelli aperti H24. Ho l’impressione che ormai i supermercati e centri commerciali servano più per riempire il vuoto, la solitudine e la noia che non per la reale necessità di un prodotto…
Giusto Maria! Ti ringrazio per aver sottolineato questo ulteriore aspetto: l’apertura H24 … qui invece non ci facciamo mancare nemmeno quella.
Ed è vero ciò che osservi riguardo alla necessità di comprare per riempire un vuoto: come una sorta di anestetico atto a rappresentare qualcosa di appagante nell’arco di giornate fotocopia al termine delle quali si accumula frustrazione, ma ormai i supermercati che spuntano come funghi non riescono nemmeno a offrire ispirazione in quel senso, sono sempre più stile discount, pieni solo di freddezza e di un tot di articoli del tutto relativo.