La stanza accanto è il film di Pedro Almodòvar vincitore del Leone d’oro al Festival del cinema di Venezia.
Sono andata al cinema insieme a Monica pensando che mi sarei commossa ma in realtà mi sono arrabbiata.
Trovi la recensione sul blog Matavitatau e incredibilmente questa volta Nick è stato più clemente di me.
Ben inteso: La stanza accanto ha una parte incantevole.
Tutto ciò che attiene alla sfera visiva rasenta la perfezione a partire dai colori usati in maniera sublime, oltre che comunicativa.
La scenografa Carlota Casado in una intervista tra i riferimenti ha citato i quadri di Georgia O’Keeffe.
Se guardi i suoi quadri:
Oriental poppies
Ladder to the moon
Jiimson weed white flower
puoi avere una chiara idea ad esempio della gamma di verdi che io ho particolarmente ammirato.
I costumi, che potremmo chiamare outfit, di Bina Daigeler sono una carrellata di colore, stile e qualità.
Ogni singolo dettaglio è scrupoloso, persino cito testualmente: “le macchine del caffè.”
Le ambientazioni sono favolose: New York nella sua veste più magica e una casa che rappresenta la perfetta commistione tra architettura e natura.
Il set è Casa Szoke, progettata dallo studio Aranguren+Gallegos Arquitectos vicino Madrid, a San Lorenzo de El Escorial, e si trova alle pendici del Monte Abantos nella foresta di La Herrería.
Come se non bastasse, gli elementi di arredo sono pezzi di design molto noti e il quadro People in the sun di Edward Hopper diventa parte integrante a livello narrativo oltre che visivo.
E Almodòvar completa la rappresentazione del bello citando James Joyce: I morti da Gente di Dublino
La neve cadeva lieve in tutto l’universo, e lieve cadeva, su tutti i vivi e i morti.
La stanza accanto è il primo film in lingua inglese di Pedro Almodòvar e il suo intento, direi riuscito, è stato renderlo il più americano possibile.
Poi però c’è la parte verbosa, passami il termine, i dialoghi a mio parere eccessivi tanto da spezzare l’equilibrio di tutto il resto.
E c’è una serie di elementi incompiuti.
Non entro nel merito del profilo della protagonista, e nemmeno nella questione eutanasia, perché ognuno ha il diritto di avere la propria opinione.
Ma rimanendo sulla mera rappresentazione della malattia e della sofferenza fisica e psicologica, forse perché purtroppo l’ho vissuta stando accanto, non ho potuto fare a meno di innervosirmi.
Una morte esclusiva.
La vita reale però è ben diversa.
A te è piaciuto? Hai trovato il finale spiazzante o ispiratore?
Non l’ho ancora visto. Ammetto, non so se lo farò: normalmente i film di Almodovar non mi piacciono, ma non voglio avere preconcetti, non è giusto. Il tema è sicuramente delicato, e ho un’opinione molto convinta al riguardo.
Cara Pat, nemmeno io sono una grande esperta dei film di Almodòvar, ma credo si possa dire che questo è diverso.
Io sono andata a vederlo proprio per l’argomento, però il problema è stato forse che avevo troppo una mia idea precisa in testa, un po’ come la tua opinione molto convinta.
Il disappunto non è stato nel prendere atto di visioni alternative, ma nel modo di rappresentare un “passaggio” concedimi il termine: da ricchi.
Oltretutto con aspetti caratteriali che io patisco poco come l’egoismo, posto che in fin di vita sicuramente si ha il sacrosanto diritto di pensare a sé stessi,
Mi sembra un film da… meditazione e da guardare con il giusto stato d’animo che, al momento, non ho.
Sì, lo è.
Nel bene e nel male è un film alquanto comunicativo.
Tu sapresti sicuramente scrivere dei versi perfetti in proposito Pat.
No ed è sicuro che non lo guardo
Buona giornata
Ciao Allegro, è sempre bene avere delle certezze come le tue.
GRAZIE e buona giornata anche a te!
Non l’ho visto e non credo che lo guarderò perché il tema per me è troppo personale. Non credo nemmeno sia giusto trattarlo in un film, qualunque sia l’opinione del regista. Come dici tu, ognuno ha diritto di avere le sue idee e di fare quello che ritiene opportuno. Personalmente sono assolutamente contraria all’eutanasia e non la sceglierei per me, ma credo che chi la considera un’opzione possibile, dovrebbe poterla praticare senza ostacoli burocratici.
Esatto.
Vista la delicatezza dell’argomento e con tutto il rispetto per la libertà di opinione, avrei immaginato una “rappresentazione” perdonami il termine che è in effetti terribile, meno egoistica e elitaria.
Io poi mi sono ritrovata anche con il pensiero fisso sull’altra persona, che non sceglie, ma che porterà comunque il segno, e il dolore, per sempre. Una vita si interrompe, l’altra cambia irrimediabilmente.
La penso come te. Pur rispettando il diritto di scegliere, mi sembra che si trascuri la sensibilità di chi quella scelta la deve subire, senza avere voce in capitolo. Ho visto un documentario terribile (almeno per me) su una clinica svizzera dove si pratica l’eutanasia. Hanno filmato gli ultimi istanti di vita di un uomo che aveva fatto questa scelta, e la moglie, che non era d’accordo, è stata lì a tenerlo per mano fino alla fine. Vedere una vita spegnersi così è stato scioccante per me, non so immaginare cosa sia stato per la moglie. Non riesco nemmeno a pensarci.
Non riesco ad immaginarlo nemmeno io.
Sono stata accanto a entrambi i miei genitori fino all’ultimo loro respiro, entrambi malati, anche se in modi diversi. Come osservi tu: è veramente scioccante e nonostante tutto la sensazione di impotenza, ma soprattutto la sensazione di non aver fatto abbastanza, non mi hanno più abbandonata.
La storia raccontata in questo film include anche una figlia, che non ho nemmeno menzionato per non aggiungere una ulteriore montagna di considerazioni che per me sono scaturite in maniera imprescindibile: pensandomi figlia e prima ancora pensandomi mamma.
Ma niente di tutto ciò ha avuto posto in questo film, che a me ha regalato bellezza visiva inquinata però da proclami che sinceramente sono stufa di sentire.
Non l’ho ancora visto. In genere amo i film di Almodòva ! Poi ti farò sapere il mio parere 😉
Buona giornata, cara Claudia 💖
BENE! Ti ringrazio Luisa e aspetto dunque di sapere il tuo parere che ho sempre molto a cuore.
Grazie e buona giornata anche a te!
🙏🤗🙏