La copertina del libro mostra una rosa rossa e Rosa Rossa è lo pseudonimo dell’autrice che in questo libro ha letteralmente messo il suo cuore.
E io con il cuore la ringrazio molto.
Le poesie di Anna dipingono l’Amore in tutte le sue forme, in tutte le sue sfaccettature, anche quelle dolorose, ognuna proprio come un petalo di rosa: delicato, profumato, colorato e vellutato.
Anna è nata lo stesso anno di mia mamma, ma prima ancora di scoprirlo mi ero già affezionata a lei.
In questo commento mi ha parlato di come sua madre preparava il caffè sulla stufa a legna, mi immagini, vero, mentre leggo con gli occhi a cuore?!
Per lo stesso motivo, la poesia di Anna che preferisco è Ricordi: mi ha trasmesso tutta la forza delle sue radici alle quali tengo moltissimo.
Tra le dita dei sogni un titolo che ha la capacità di far pensare ai sogni in modo tangibile, di poterli toccare.
Ci stiamo avvicinando al periodo magico del Natale: c’è un sogno che tu vorresti poter sfiorare?
A proposito di sogni, intesi non come desideri ma proprio come fenomeni psichici legati al sonno, per me rappresentano da sempre un’intensa voglia di riuscire a trovare eventuali messaggi che contengono.
Tu cosa ne pensi?
Secondo te c’è un preciso motivo dietro a ciò che la nostra fase R.E.M. ci mostra?
Ammetto che, la prima volta che ho letto il titolo di questo libro, mi sono chiesta cosa fosse un brolo.
Tu lo sai? Dalle nostre parti non si chiama così, noi diciamo semplicemente orto, oppure in gergo “vigna” anche se non poi in realtà non c’è nessuna pianta di vite.
Quindi: al primo step de Il Brolo di Marta ho imparato qualcosa di nuovo.
Ma la sorpresa più bella è stata questa dedica meravigliosa
E io ho ascoltato il cuore dell’autrice e ho percepito un profondo amore per le radici, con riferimento sia alla terra che alla famiglia, e questo come sai è un elemento al quale io tengo particolarmente.
Tu hai la fortuna di avere un orto?
Mio padre ha sempre curato orti: a casa nostra avevamo solo una striscia di terra, ma lui aiutava anche da altre parti, permettendoci di mangiare verdure fresche e genuine.
Questo invece è il mini orto che mio suocero ci ha regalato per la cucina, anche se in casa purtroppo le piante soffrono.
A proposito di cucina, mi sono piaciute le ricette che Il Brolo di Marta racchiude.
Così come le particolari “introduzioni” di ogni capitolo.
Ho anche trovato con piacere vari riferimenti al caffè, tra i quali questo
L’odore del caffè inebriò la stanza, lo versò nella tazza, e si mise alla finestra a degustarlo, chiuse gli occhi, mentre le giungeva il fruscio della vegetazione, soave suono della campagna.
Che suono arriva dalla tua finestra mentre bevi il caffè?
Tre milioni di euro sono la cifra riconosciuta a titolo di risarcimento per i 17 anni trascorsi in carcere da un innocente, verrebbe da chiedersi se è questo il prezzo di un depistaggio.
Questo è quello che avevo scritto raccontando la vicenda di Ilaria Alpi.
Ma ora purtroppo va aggiunta una ulteriore domanda: tre milioni di euro sono la causa della morte di Hashi Omar Hassan?
Secondo la tesi che rimbalza sulle varie testata giornalistiche il motivo della uccisione sarebbe legato proprio ai soldi del risarcimento.
Ma l’Ordine dei giornalisti insieme a Usigrai e Federazione Nazionale Stampa Italiana, in unione con tutte le associazioni che partecipano alla campagna #NoiNonArchiviamo, hanno firmato un atto di costituzione come parti offese per continuare a chiedere la verità sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Facciamo un passo indietro: con il racconto precedente mi ero fermata al risarcimento per l’ingiusta carcerazione di Hashi Omar Hassan. Per riassumere cosa è successo dopo possiamo riferirci direttamente al suo appello pubblicato sulla pagina Facebook di Chi l’ha visto.
Hashi Omar Hassan dunque chiedeva aiuto per poter trovare la sua famiglia in Svezia e in Somalia.
In Somalia però ha trovato la morte, una morte violenta, come violente sono state le morti di Ilaria e Miran.
Una bomba sotto il sedile della sua auto a Mogadiscio ha fatto esplodere lui e il silenzio che come un pulviscolo ripiomberà sulla verità, ricominciando a ricoprirla con la coltre del tempo.
La famiglia Gucci si è più volte dissociata dal ritratto che il film tratteggia, e non entro nel merito, ma ora finalmente posso dire che Lady Gaga in House of Gucci è veramente credibile, per la visione che ne ho avuto io.
Quindi, riprendendo il discorso su Patrizia Reggiani, a quanto pare la decisione di Lady Germanotta di non incontrarla non ha pregiudicato l’interpretazione, nonostante la Reggiani fosse indispettita.
Ovviamente ho osservato abiti, accessori, e outfit in generale, con particolare interesse sia per i pezzi Gucci, sia per i look anni 80, e devo dire che ho apprezzato il lavoro della costumista Yanti Yates.
Lavoro molto scrupoloso, partito da mesi di studio tra gli archivi della maison Gucci.
In una intervista al New York Times, disponibile in forma integrale su Instagram, Yanti Yates ha dichiarato che Lady Gaga era estremamente coinvolta, anche perché è una indossatrice completa, che sta meravigliosamente bene con tutto, che era estremamente concentrata su come il suo personaggio potesse apparire in un momento particolare e aveva opinioni molto forti su aspetti come i capelli e il trucco.
Ma anche lavoro difficoltoso, sempre secondo le dichiarazioni rilasciate durante l’intervista: la costumista creava le selezioni iniziali e poi lei avrebbe selezionato da lì.
Selezionava Gaga. Pare anche che ci siano stati giorni in cui per lei era “oggi no.”
Del resto lo stesso sito Gucci riporta come dichiarazione iconica di Yanti Yates: “Lady Gaga mi ha detto che in questo film voleva vestirsi come la sua mamma italiana. Per realizzare i suoi look ho potuto attingere sia al suo archivio personale che a quello storico di Gucci.”
Allo stesso tempo però ho questo dubbio che mi rigira in testa, quindi aiutami a capire se la mia percezione mi inganna dato che, effettivamente, nei primi anni 70 non è che fossi proprio nel mondo (se per quello nemmeno ora, ma questa è un altra storia).
Purtroppo non sono riuscita a trovare l’immagine della scena in cui Maurizio Gucci presenta Patrizia al padre Rodolfo, ma più o meno vale lo stesso anche per l’abito a fiori di questa foto.
Ovviamente io non sono nessuno per mettere in dubbio la ricostruzione, che in tutti gli altri frangenti ho ammirato, e lo sottolineo bene, ma l’idea di questo vestito mi lascia perplessa. Sbaglio io, vero?
Oltre agli abiti, House of Gucci offre la visione di una fantastica serie di preziose auto “d’epoca.”
In particolare, ho amato molto il modo in cui il regista Ridley Scott inquadra gli arrivi a casa di Rodolfo Gucci: focalizzati sull’ingresso. Dall’esterno verso l’esterno.
Questa inquadratura ricorre più di una volta nel film, con auto diverse che arrivano davanti a quella entrata.
Per me è stata una sorta di “storia nella storia,” quasi un simbolo per scandire il tempo.
Nella foto qui sotto, con lo stesso principio, in contrapposizione si assiste ad una partenza. Che poi è anche un inizio: l’inizio di una strategia per il rientro di Maurizio nell’azienda.
Per il resto ti rimando alla recensione di Matavitatau, io, un po’ come per Cruella, ho molto gradito la colonna sonora non originale.
Come per gli abiti a fiori, ho avvertito una sorta di disorientamento temporale che in alcuni casi mi ha conquistata, in altri mi ha lasciata una specie di interrogativo.
Ad esempio, mi è piaciuta la scelta di Faith di George Michael per accompagnare la scena del matrimonio: nonostante l’incongruenza anacronistica, mi ha trasmesso una gioiosità che controbilanciava il vuoto creato dall’assenza dei familiari di Maurizio.
Al contrario sono rimasta perplessa nell’ascoltare Ritornerai di Bruno Lauzi come sottofondo alla scena in cui Aldo Gucci si reca con Maurizio e Patrizia nella tenuta sede del loro allevamento storico. La canzone è meravigliosa, ça va sans dire, e il senso è incentrato sul ritorno alle origini, però per la mia personale percezione è come se qualcosa stridesse.
A parte questo, potrei elencarti un brano più bello dell’altro, e vorrei proporteli tutti: Here comes the rain again degli Eurythmics chettelodico a fare, Heart of glass di Blondie, Ashes to ashes del Duca Bianco David Bowie, Blue Monday dei New Order, Una notte speciale di Alice, Sono bugiarda di Caterina Caselli, ma anche Largo al factotum da Il Barbiere di Siviglia di Rossini, Madame Butterfly e molto molto altro.
Mentre scegli quale preferisci ascoltare prima, ecco qualche caffè.
Una lettura che riporta alla classica situazione tipica degli enigmi da risolvere: stanza e finestre chiuse, all’interno solo la vittima, nessuno entra, nessuno esce …
Agatha ha dedicato questa storia a suo cognato, James, secondo il quale i suoi omicidi “stavano diventando raffinati”. “Desideravi un buon omicidio violento con molto sangue… quindi questa è la tua storia speciale, scritta per te.”
Tra l’altro c’è anche una citazione di Shakespeare: “Chi lo avrebbe detto, che il vecchio avesse tanto sangue?”
Chi la pronuncia non è Lady Macbeth ma una componente della famiglia Lee, riunita in occasione del Natale per volere dell’anziano padre, nonostante divisioni e dissidi di vario genere.
A Natale impera lo spirito di buona volontà. Vecchi litigi vengono dimenticati, coloro che si trovano in disaccordo fanno la pace … Sia pure provvisoriamente le famiglie che sono state separate per tutto l’anno si raccolgono ancora una volta … In queste condizioni, amico mio, deve ammettere che i nervi possono venir sottoposti a dura prova. Persone che non hanno alcuna voglia di essere amabili fanno uno sforzo per apparirlo … C’è in loro molta ipocrisia, senza dubbio, ipocrisia “pour le bon motif,” ma sempre ipocrisia. E lo sforzo per essere buoni e amabili crea un malessere che può riuscire in definitiva pericoloso. Chiudete le valvole di sicurezza del vostro contegno e presto o tardi la caldaia scoppierà provocando un disastro. Hercule Poirot
Che dire? Tristemente vero.
Nella versione cinematografica, Poirot è stato interpretato da David Suchet.
A proposito di cinema così come di riunioni familiari, oltre che con i Lee, io ho trascorso il Natale anche con le famiglie Colardo e Marinelli, le conosci?
Ogni maledetto Natale è un film che ho visto la prima volta un po’ per caso, senza sapere nulla.
Quindi la sua caratteristica principale: la dualità di tutti gli interpreti, per me è stata una sorpresa inaspettata quanto divertente.
Se non lo hai ancora visto, lo puoi recuperare qui: insieme alle risate che ti regalerà.
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