LA CONVENZIONE È “DI ISTANBUL” MA LA TURCHIA SI CHIAMA FUORI

LA CONVENZIONE È “DI ISTANBUL” MA LA TURCHIA SI CHIAMA FUORI

 

La convenzione è “di Istanbul” ma la Turchia si chiama fuori.

Era il 2018 quando il volto della piccola Amine suscitava lo sdegno generale.

Le notizie riportarono che la angoscia della sua espressione, che a me personalmente è rimasta impressa, si era generata nel momento in cui le fu detto che se fosse morta da martire avrebbe avuto gli onori della bandiera.

Ora, al netto di tutta la geopolitica, motivazioni e contromanovre, rimane il fatto che questa foto è stata un po’ una sorta di preludio a tante cose successive.

L’ultima in ordine di tempo è la firma sul decreto presidenziale che sancisce l’uscita della Convenzione che porta proprio il nome della capitale turca.

Un paradosso.

Il Consiglio d’Europa ha adottato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica l’11 maggio 2011.

La Convenzione di Istanbul è ampiamente riconosciuta come lo strumento giuridico più ambizioso volto a prevenire e combattere la violenza nei confronti delle donne, la violenza domestica e la violenza di genere, quali violazioni dei diritti umani.

È entrata in vigore nel 2014: solo tre anni dopo la sua adozione, a testimonianza del bisogno degli Stati membri di un trattato giuridicamente vincolante per guidarli negli sforzi volti a mettere fine alla violenza.

UNWOMEN della quale ho già parlato a proposito di Emma Watson ha chiesto con forza di riconsiderare il ritiro con questa dichiarazione

Zehra Zumrut Selçuk, responsabile del ministero della famiglia, del lavoro e dei servizi sociali in Turchia ha rassicurato rispondendo che i diritti delle donne sono garantiti nella legislazione nazionale, in particolare nella Costituzione turca, e in un tweet ha comunicato l’intenzione di proseguire con tolleranza zero perché la violenza sulle donne è un crimine contro l’umanità.

Bene.
Quello che non capisco è: perché dunque disconoscere un trattato che va nella stessa identica direzione?

O meglio, lo capisco, nell’ambito di strategie interne che si basano su manovre politiche. Come tutto il resto, in fondo.

Ma alla fine: per la Turchia, Europa sì o Europa no? Questo è il dilemma …

VERITÀ O SURROGATO?

VERITÀ O SURROGATO?

Verità o surrogato?

Come ti rapporti tu con i sostituti del caffè?
Caffè di orzo, caffè decaffeinato: sono valide alternative per chi per vari motivi deve rinunciare al caffè vero, oppure se non caffè, meglio lasciar perdere e bere altro?
Mi sono ritrovata in testa questo pensiero sui surrogati, mentre ascoltavo le notizie.
La verità secondo te esiste ancora? Sempre più spesso io ho l’impressione di dovermi bere una lunga serie di sostitutivi, o peggio ancora, mi sembra di dover ingoiare l’ormai famigerato Parmesan, come se fosse scontato che tanto va bene anche se non è quello vero, perché in fondo ciò che costa meno conviene.
Dunque sentire che un soldato si confonde e abbatte un aereo di linea in fase di decollo scambiandolo per un caccia americano, per me è un boccone di Parmesan, ma tutti lo mangiano, va bene così, proseguiamo pure le nostre cose, non importa se comunque la si guardi, è paradossale.
Senza voler fare geopolitica da bar, non ti inquieta pensare che sia considerato plausibile che un soldato, da solo, nell’era in cui controlliamo persino la lavatrice con una semplice applicazione sul cellulare, possa lanciare un missile senza autorizzazione, senza verifiche, senza certezze, senza senso?
Non lo chiameresti Lee Harvey Oswald?
O forse sono io che, reiteratamente delusa, vedo sempre più la verità come una Tigre Siberiana: magnifica, ma ormai quasi estinta.

 

 

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