L’ultima lettura che devo a Manuale di Mari è Racconti nani non democristiani di Andrea Francavilla.
I racconti sono nani per quanto riguarda la lunghezza ma emerge subito la capacità dell’autore di evocare situazioni e contesti nel giro di poche parole costruendo i personaggi attraverso i loro dialoghi.
I racconti non sono democristiani, tu personalmente come interpreteresti questa definizione? L’autore tra i ringraziamenti cita un amico proprio per questo titolo.
Questi Racconti nani non democristiani hanno un denominatore comune: una notte di piogga.
Non so tu, se penso alle parole “notte” e “pioggia” immediatamente mi viene in mente la famosissima frase dal film Il corvo: Non può piovere per sempre.
Si tratta di una frase che mi accompagna da molti anni, come una sorta di mantra nei momenti difficili.
Ti piace la pioggia? Quando piove esci volentieri?
I protagonisti del libro sono quello che si potrebbe definire un repertorio di varia umanità e ben rappresentano disagi, fragilità, errori, dubbi, imperfezioni, e tutte le variegate sfaccettatura delle difficoltà del vivere.
Faccio i miei complimenti all’autore per come ha saputo chiudere il cerchio.
Racconti nani non democristiani è un’opera prima ma mi auguro che potremo presto leggere ancora Andrea Francavilla.
Nella sua bio si dice convinto che dietro ogni problema si nasconda un’opportunità e io personalmente ho solo da imparare.
Sono giorni di pensieri pesanti e forse per questo ancor di più avverto un istintivo richiamo verso le tradizioni, come se potessi trovare una specie di rifugio.
Quindi rilancio l’invito a condividere idee o ricette che facciano riferimento ad Halloween piuttosto che ad Ognissanti.
Dopo aver decisamente apprezzato la pumpkin pie, volevo provare a recuperare le ricette della Lomellina.
Ma a quanto pare siamo più predisposti per la tradizione orale senza poi darci la pena di trasferire per iscritto …
Risulta infatti una impresa rintracciare fonti che non siano la stessa frase rimbalzata più o meno a casaccio senza riscontro.
Di questo ha scritto molto bene Annalisa Alberici nel libro Cucina del Pavese della Lomellina e dell’Oltrepo
a pagina 13 c’è una importante domanda: La cucina pavese esiste?
La risposta è lunga ed articolata, ma in breve:
Devo ammetterlo: nei secoli la cucina pavese non fu mai scritta. O lo fu per caso.
A quanto pare la cucina pavese è proprio come il bel tacer … e appena ho letto questa frase non ho potuto far altro che sorridere ripensando al ricordo della frase che mi ripeteva mia nonna.
In realtà però ho trovato anche un altro libro che parla di Milano con riferimento al periodo dei Visconti, che quindi si può considerare esteso a Vigevano
A tavola la mestizia del giorno dei morti, con le sue tradizionali visite al camposanto, cede di fronte ai piatti della tradizione che impone la biella (marmitta) con la supa coi sisar (zuppa di ceci) arricchita dalle cotiche, e il pangiald o pane dei morti. Ora il pangiald si può comprare nelle panetterie o nelle pasticcerie, ma un tempo veniva cotto nel forno di casa.
È vero che la mia famiglia è contaminata, ma noi non abbiamo mai mangiato ceci … dunque rimane giusto il pangiald.
Ognissanti, pane … mi viene in mente questa frase:
I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia. Ardengo Soffici
Qui piove sempre meno, la terra però è bagnata ugualmente: dalla nebbia.
Ecco, piuttosto che per la cucina, è sul lato scary che la Lomellina non ha nulla da invidiare, le nostre atmosfere si prestano tantissimo!
Infatti, al contrario delle ricette, le leggende non mancano.
Al diaval: il diavolo, per esempio, avrebbe scatenato tutta la sua furia sulla chiesa di Santa Maria a Lomello per impedire le seconde nozze tra la regina Teodolinda, cattolica, e Agilulfo invece ariano.
Sulla stria: strega, come potrai immaginare, esistono molte storie e pare ci siano anche testimonianze dirette … ma si sa, questa parte è “l’anima” di questi racconti … perdona il gioco di parole.
Tra tutte io opterei per quella che ha dato il nome a il ramo delle streghe che in realtà è una meravigliosa diramazione del fiume Ticino
Si narra che il ramo delle streghe sia stato chiamato così per la sventura di una donna affetta da strani sintomi che in una notte di luna piena, nell’intento di purificarsi tra le acque con l’aiuto delle amiche, si ritrova a dover fronteggiare il diavolo e finisce trasformata in un alga gigante che trascina a fondo anche tutte le altre donne.
E delle alghe, che sono la caratteristica di quel tratto di fiume, si dice che ricordino i capelli delle streghe.
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