CAFFÈ DA TIFFANY

CAFFÈ DA TIFFANY

 

Caffè da Tiffany!
Inizialmente avevo in mente altro per il caffè di oggi, ma sinceramente ora avverto un fortissimo bisogno di leggerezza.
E chi più di Audrey può rappresentare la personificazione della lievità senza mai essere superficiale e senza nulla togliere alla serietà delle sfide che la vita pone?
Non mi riferisco soltanto ai suoi personaggi: anche il suo cammino personale è un grande esempio di forza, equilibrio, e tenacia in tutte le fasi che ha attraversato, in tutte le decisioni che ha preso, mantenendo e difendendo comunque la sua riservatezza.
Il suo stile è sottrazione, lei ci ha insegnato il valore dell’essenziale.
In questi giorni ogni cosa è urlata, ogni dichiarazione amplificata dalle gran casse della brama di arrivare primi. Non importa più se vero o falso, non importa cosa comporterà o quali reazioni provocherà, si pubblica, ovunque, e poi parta la conta dei consensi.
I danni invece non contano più.
Possibile che non ce la possiamo fare a mantenere una condotta civile?
Eleganza non è solo immagine, eleganza è anche modo di essere, comportamento, oltre che portamento.
E per me oggi eleganza è anche senso civico, e rispetto.
Tra i tanti aneddoti su Audrey Hepburn vorrei in particolare citare quello legato all’abito da sposa donato. Nel 1952 il matrimonio con Lord James Hanson viene annullato poco prima della data stabilita. L’abito per Audrey confezionato dalle sorelle Fontana è già pronto e naturalmente è stupendo. Un vero peccato. Audrey allora dispone che venga donato “alla più bella, povera, ragazza italiana che le sorelle Fontana riusciranno a trovare”.
Al di là del fatto che fa molto fiaba, il concetto è: se io non posso avere o non posso più fare una cosa, non significa che debba precluderla anche agli altri.
Ecco, questa è la riflessione che vorrei lasciare oggi.
E poi:
ricordati, se mai dovessi aver bisogno di una mano che ti aiuti, che ne troverai una alla fine del tuo braccio… Nel diventare più maturo scoprirai che hai due mani. Una per aiutare te stesso, l’altra per aiutare gli altri.”
Audrey Hepburn

 

CIGARETTES AND COFFEE … MAI PIÙ?

CIGARETTES AND COFFEE … MAI PIÙ?

Cigarettes and coffee … mai più?

Il modello svedese continua a sembrarci un esempio da seguire e il sindaco di Milano ne ha tratto ispirazione proponendo di estendere il divieto di fumare anche negli spazi aperti: alle fermate degli autobus e per coloro che sono in coda per la fruizione di servizi pubblici, per arrivare entro il 2030 al divieto totale in qualsiasi luogo aperto.
Questo annuncio, seguito da un inevitabile strascico di polemiche, arriva proprio in occasione del quindicesimo compleanno della legge Sirchia, dal nome del Ministro della salute che la propose, cioè il divieto di fumo nei locali pubblici chiusi, entrato in vigore il 10 gennaio 2005.
L’Istituto Superiore della Sanità, facendo un bilancio delle statistiche originatesi a partire da tale data, riporta i seguenti dati:
Nel corso di questi quindici anni di applicazione della legge antifumo, le vendite di sigarette tradizionali sono passate da circa 92.822 tonnellate nel 2005 a circa 67.460 tonnellate nel 2018, con una diminuzione pari al 27,3%. Per contro, si è registrata una importante impennata nelle vendite del tabacco trinciato (incluso il tabacco da pipa) che nel medesimo arco temporale ha fatto registrare un incremento pari ad oltre il 500%.
Al di là delle statistiche, mi interessa particolarmente conoscere il tuo parere dato che, per chi fuma, la sigaretta è notoriamente consequenziale al caffè.
Per quanto mi riguarda, i comportamenti dei fumatori che osservo contemplano già il rispetto: niente sigarette in presenza di bambini, niente sigarette in auto in presenza di altre persone, niente sigarette nelle abitazioni altrui ecc.
Nel frattempo la nuova legge di bilancio ha innalzato ulteriormente l’importo delle accise minime (già aumentato con la legge di bilancio 2019) elevando la aliquota di base delle sigarette al 59,8%, un bel po’ po’ di deterrente direi.
E a proposito di po po … dunque il via vai nella mente di Seven Nation Army è destinato a non poter essere più dietro a una sigaretta?

PERCHÉ IL VECCHIO NON VALE PIÙ?

PERCHÉ IL VECCHIO NON VALE PIÙ?

Perchè il vecchio non vale più?

Tazzina vecchia o tazzina nuova?
Se ricevi nuove tazzine, come ti comporti con quelle vecchie? Smetti immediatamente di usarle, le riponi nella credenza, te ne liberi?
Io non faccio testo, ho già descritto questa mia caratteristica un po’ fuori dal tempo.
Anacronistica. Vero.
E in generale, ritrovo sempre più incomprensibili le linee guida originatesi dall’evolversi di molte procedure.
Ad esempio non capisco la politica delle compagnie telefoniche secondo la quale vengono offerte condizioni favorevoli e costi ridotti soltanto ai nuovi sottoscrittori.
Se tu sei abbonato da anni, le tue tariffe sono lievitate nel tempo ma non puoi avere le agevolazioni riservate soltanto ai non clienti.
Non ne comprendo la ragione.
O meglio, certo, il motivo è sempre il guadagno, questo è un dato di fatto, ma ugualmente mi sfugge il senso.
Dunque ci si ritrova ad essere dati per scontati, come le tazzine di sempre, quelle che non si rompono, quelle che hanno superato decadi, mode e modelli.
Tu che hai sempre pagato, da anni, non sei importante, tanto sei lì, ci sei.
E anche il giorno in cui smetterai di esserci, rimarrai solo un limone al quale spremere fino all’ultimo centesimo con ogni pretesto: senza scrupolo continueranno ad emettere fatture ad oltranza, addebitando qualsiasi tipo di costo ipotizzabile.
Fatture intestate ad una persona che è stata cliente fin dai tempi in cui i telefoni sono entrati per la prima volta nelle case, grigi, con la rotellona e il filo.
Fatture intestate ad una persona deceduta.
Ma anche il rispetto è morto.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti non è per niente casuale.

Per cui vale la pena continuare ad essere un cliente nuovo?
Chiedo.

 

 

 

 

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