RISAIE MA NON RISATE

RISAIE MA NON RISATE

Secondo il rapporto annuale pubblicato dall’Ente Nazionale Risi la Lomellina  e il pavese si confermano l’area con la maggiore estensione di campi coltivati a riso.

“Il mare a quadretti” come diceva mio cugino quando eravamo bambini … già, qui siamo piuttosto lontani dal mare e dunque ci si accontenta di trovare il bello con visioni alternative.

Il mare a quadretti ovvero risaie.

Risaie ma non risate.

Oppure, citando il neorealismo, riso amaro dal momento che le condizioni di vivibilità, o forse dovrei dire mortalità, dovuta all’elevato tasso di tumori, non permettono certo di sorridere.

Non mi stanco di ribadire periodicamente l’alta pericolosità dei veleni con i quali conviviamo, perché i danni che provocano all’organismo sono terribili.

Ma come ci ha insegnato Charlie Chaplin un giorno senza un sorriso è un giorno perso.

Dunque se il sorriso ancora un po’ stenta, direi di partire almeno dal riso.

Le ricette più tipiche della Lomellina, per rimanere in tema di risaie … citano tra i primi il risotto con le rane … 

Ma io “salterei” direttamente a qualcos’altro tipo il semplice ris e lac oppure il risotto con i fagioli dell’occhio

O, meglio ancora: perchè non fare un salto più lungo uscendo dai confini della Lomellina?

The caustic misanthrope ha proposto una tartare con riso Nerone che dire sfiziosa è riduttivo, e poi mi ha parlato anche del riso rosso!
Io sono un impiastro per cui al primo tentativo ho sbagliato il tempo di cottura ma … sbagliando si impara!
Grazie Lu!

Proseguendo sul blog di Paola: Primo non sprecare, che ti consiglio di non perdere, si trova una lunga serie di ricette per cucinare il riso arricchite di preziosi consigli,  e sono una più interessante dell’altra!

Io non so se riesco a scegliere, tu?

Che ne dici: possiamo osare una versione Keep Calm?
Si accettano proposte!

IN LOMELLINA FIELDS

IN LOMELLINA FIELDS

I papaveri sono simpatici, sono semplici, sono spontanei, sono impressionisti laughing sono leggeri, sono allegri, sono l’estate, sono colore, sono calore.

Ma diventano anche tristi, nel momento in cui rappresentano il simbolo che John Mc Crae ha scelto per ricordare le vittime di guerra.

All’inizio della prima guerra mondiale, gli fu chiesto di unirsi alla 1st Brigade, Canadian Field Artillery come ufficiale medico. Nel maggio 1915 durante i combattimenti più pesanti della Seconda battaglia di Ypres, Mc Crae e il suo posto di medicazione si trovavano all’interno del cimitero di Essex Field. Dopo 17 estenuanti giorni e la morte di un compagno, il tenente Alexis Helmer, scrisse la sua poesia immortale “In Flanders Fields”.

SUI CAMPI DELLE FIANDRE


Sui campi delle Fiandre spuntano i papaveri
tra le croci, fila dopo fila,
che ci segnano il posto; e nel cielo
le allodole, cantando ancora con coraggio,
volano appena udite tra i cannoni, sotto.

Noi siamo i Morti. Pochi giorni fa
eravamo vivi, sentivamo l’alba, vedevamo
risplendere il tramonto, amanti e amati.
Ma adesso giacciamo sui campi delle Fiandre.

Riprendete voi la lotta col nemico:
a voi passiamo la torcia, con le nostre
mani cadenti, e sian le vostre a tenerla alta.
e se non ci ricorderete, noi che moriamo,
non dormiremo anche se i papaveri
cresceranno sui campi di Fiandra.

Qui recitata da Leonard Cohen

 

Questo mi ha fatto pensare alla Lomellina, ai suoi papaveri e alle sue vittime di una strage silenziosa, che non è nemmeno una guerra, perché in sostanza non importa a nessuno o quasi.

Ho già parlato di morti silenziose, di diserbanti di glifosato di PM 2.5 e di vivibilità che sono ferite aperte per me.

Per cui non dovremmo stupirci se una volta tanto qualche giornale lancia una notizia che viene un po’ più ripresa, ma della quale nel frattempo ci si è già dimenticati in favore di altri argomenti, alieni compresi.

E non dovremmo stupirci se una intercettazione non fa che confermare ciò che già sappiamo, cioè che persone senza scrupoli non si curano minimamente dei danni causati dai veleni che sversano nei nostri territori sotto forma di “fanghi” pur di guadagnare, anzi, ci scherzano su.

Non è vero che “far male all’ambiente e al territorio equivale a non aver fatto male a nessuna persona fisica.”

Molte persone si ammaleranno e dovranno combattere con tutte le loro forze.

VIVIBILITÀ

VIVIBILITÀ

Vivibilità.

Il Sole 24 ore ha pubblicato la classifica della qualità della vita 2019 suddivisa per province, che vede Milano al primo posto.
La distanza di Pavia forse va analizzata in termini spazio-temporali, dal momento che i 45 km che separano le due città, per qualche sorta di equazione, si trasformano in una distanza abissale sotto il profilo della vivibilità che relega la provincia di Pavia al 60° posto.
In dettaglio, il valore negativo in assoluto va al settore “cultura e tempo libero” (78°).
Volendo sdrammatizzare forse dovrei dire keep calm e più che bookcrossing dovremmo davvero imparare a condividere molto altro.
A nostra discolpa non possiamo nemmeno dire di essere troppo impegnati dal momento che anche il fronte lavoro (55°) non è certo confortante.
Ma l’aspetto ancor più avvilente è “ambiente e servizi” (64°) perché questo dato si incrocia con il 96° posto per tasso di mortalità per tumori, ed è terribile.
Viviamo in una terra avvelenata, tra inceneritori, fanghi da depurazione e roghi di materiali tossici, e, mentre tutto scorre, la gente si ammala.
Cosa possiamo fare in concreto perché che quei 45 km tornino ad allinearsi anche nella linea del tempo e della vita?

 

 

 

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